BLANEY FEATURING MARK E. SMITH  "Urban nature"
   (2016 )

Il duraturo sodalizio stretto tra Ed Blaney e Mark E. Smith frutta una nuova collaborazione che va ad aggiungersi ai due album realizzati a partire dal 2008 su etichetta Voiceprint. Compagni di palco e d’affari durante una delle molte metamorfosi dei Fall di inizio millennio (Blaney è stato sia chitarrista che manager della band), i due hanno proseguito nella loro cooperazione scambiandosi da vecchi amici ospitate e favori, l’ultimo dei quali in ordine di tempo è proprio la partecipazione di Mark a ben cinque brani di questo “Urban nature”. Il risultato è un album dal suono secco, asciutto, urgente nella sua primitiva furia garage, tagliente nell’uso delle chitarre, grondante sì una certa inevitabile autoreferenzialità, ma comunque sferzante nella sua fragorosa, essenziale concisione. Brani di solida compattezza si susseguono così in una serrata alternanza di rasoiate elettriche (“High on you”, “Poison fishes”) e di rimandi ad un sound tra ‘60s e ‘70s memore della lezione dei Kinks (“Thinking of you”) e per sua stessa natura figlio delle divagazioni post-punk che segnarono la parabola degli stessi Fall. Fra divertissement disimpegnato (“The coat”) e teso rock stradaiolo (“Diamond”), Blaney pennella le bislacca ballata di “Time for you to go” (i Libertines in salsa Iggy Pop) e la toccante aria in minore di “Secrets”, affidata alla vocalità singhiozzante à la Sinead O’Connor di Jenny Shuttleworth, chiudendo con la sassata veemente di “Rude all the time” e con il pathos dimesso di “Winner”, suggello ad un album affatto memorabile, ma gradevolmente pervaso da un’aura british sincera ed antica. (Manuel Maverna)