ANNE-JAMES CHATON, ANDY MOOR & THURSTON MOORE  "Heretics"
   (2016 )

Lavoro eminentemente colto ed avanguardistico concepito per due chitarre, rumori assortiti e recitativo in larga parte in lingua francese, il progetto Heretics è il frutto della collaborazione tra lo scrittore-performer transalpino Anne-James Chaton, il chitarrista Andy Moor (storica sei corde negli olandesi The Ex) e l'immarcescibile genio deviato di Thurston Moore. L’album che segna il temporaneo allargamento a trio della premiata ditta Chaton-Moor si snoda lungo un percorso sinuosamente accidentato che ricorda per intento e sonorità la sperimentazione concettuale dei Massimo Volume, con testi tuttavia meno cinematografici e più didascalici. In un’ora abbondante di chitarrismo intenso e sofferto, su un substrato di elettricità disturbata contrappuntato da clangori metallici ed interferenze sonico-ambientali, Chaton declama in un crooning quasi gainsbourgiano schegge di espressionismo intimista alle quali aggiunge una vasta gamma di toni bassi e profondi, particolarmente adatti a squarciare il tappeto di deraglianti scordature, tentazioni atonali e quant’altro le due chitarre intendano disegnare. Opera concettuale complessa e straniante, eppure curiosamente fruibile anche senza padroneggiare il francese, “Heretics” è album a suo modo affascinante nel creare trame e paesaggi sonori di vivida tensione ("Casino rabelaisien"). Visionari come i Velvet Underground nella stordente e sinistra "Dull Jack", i tre si infilano indifferentemente nel frastuono rumorista di "The things that belong to William", che lambisce i Godspeed You! Black Emperor di "Asunder", nel delirio psicotico (Lou Reed che canta i Suicide riarrangiati da Thom Yorke?) di “Poetry must be made by all”, o nel timido accenno di canzone che in "Heidsieck’s chords" li avvicina ad un improbabile ibrido fra Noir Desir e Sunn O))). In cotanto fragore controllato emergono comunque partiture melodiose, per quanto immancabilmente screziate da asperità disseminate ad arte: l’effetto è quasi mesmerizzante, mai tedioso né stantio, movimento che nasce da figure statiche reiterate e manipolate per produrre una musica intellettuale mirabilmente incentrata sulla forma, un gioco perverso di suggestiva, evocativa, ipnotica bellezza. (Manuel Maverna)