PINK FLOYD  "A momentary lapse of reason"
   (1987 )

“Ora vi lascio, voglio proprio vedere cosa sapete fare senza di me”. Così Roger Waters, qualche anno prima, nel pieno del trip dispotico, aveva chiuso unilateralmente la questione Floyds. In mezzo c’erano stati lavori solisti di un po’ tutti i vari soggetti in questione, senza però impatto commerciale alcuno. Motivo? Il motivo era semplice: i Pink Floyd erano l’unico caso al mondo, forse, di band universalmente conosciuta, ma con i componenti che erano più o meno anonimi. Per cui, i loro sforzi da singles stavano cadendo nell’oblio. Al che David Gilmour, un po’ per ripicca verso l’ex “padrone”, un po’ per un semplice ragionamento (“Ho speso gli ultimi 20 anni della mia vita a sacrificare la mia arte per il nome Floyd, mettendo me stesso in disparte. Ora perché devo rimetterci?”), provò a rimettere in piedi i pezzi. Mason arrivò, Wright – che era stato “licenziato” anni prima – satellitò senza problemi. Waters si imbufalì, ma si accorse che poco poteva, per una serie di cavilli e ricatti contrattuali. Però, “A momentary lapse of reason”, soffrì di queste tensioni: disco multimilionario anche a sorpresa, perché inizialmente discografici ed impresari storsero il naso, ma che è difficile da inquadrare. Molti lo definiscono un semplice lavoro solista di Gilmour truccato da PF, ma non era così anche “The final cut”, anni prima, con tanto di palese “è di Waters, lo suonano anche gli altri”? Alla fine si ascolta, senza che ci sia tanta magia attorno se non quella delle suggestioni legate al nome, con brani un po’ accademici, se vogliamo, ma che in quell’epoca non fece particolari fatiche ad installarsi al top delle classifiche, sfidando Rick Astley e Sabrina Salerno. Ne uscì un tour faraonico, con tanto di fatal Venezia, ma se volete un sunto dei Floyds post-Waters bussate al successivo “The division bell” che lo stesso trio superstite considerò molto, molto meglio di questo, fatto forse più per voler dire al mondo “ci siamo anche noi” che non per reali ispirazioni. Comunque sia, anche se fatto con le infradito, porta a scuola tanta altra roba. (Enrico Faggiano)