SINE FRONTERA  "Restiamo umani"
   (2016 )

Dai Modena City Ramblers a Davide Van De Sfroos, ai nostri lidi spumeggianti e festaioli il folk funziona quasi sempre, sia in versione barricadera che in veste più disimpegnata. Nutrita band di otto elementi originaria del mantovano, i Sine Frontera, formatisi tre lustri orsono e giunti al quinto capitolo di una sincera ed onesta carriera, presentano con la dovuta baldanza questo incalzante “Restiamo umani”, undici episodi capaci di condensare una schietta denuncia socio-politico-culturale (inequivocabile il messaggio di “Picchi in testa”) in un lavoro godibile ed appagante, opera di stretta attualità che non manca di offrire spunti di riflessione. Se da un punto di vista meramente musicale “Restiamo umani” (titolo che cita ed omaggia la figura del reporter Vittorio Arrigoni, ucciso a Gaza nel 2011) lambisce a tratti il versante più edulcorato degli Ska-P, il lato birichino della Mano Negra, il folk’n’roll up-tempo à la Cisco (“Pino l’orb”), lodevoli sono anche gli intenti contenutistici, ben veicolati da testi semplici ed efficaci nel dipingere a tinte forti bozzetti di amara desolazione e barbara disumanità. Aperto dalla intensa title-track e dal vivido dramma di “Mar dei migranti”, entrambe arie virate in reggae, il disco alterna brani ruspanti affini al divertissement (“La fòla dal babau”) alla delicatezza bucolica à la Cowboys Fringants de “La musica del vento”, aprendosi alle suggestioni gitane di “Balkan” e “Circus” – Bregovic e Debout Sur Le Zinc a braccetto – e ripiegandosi infine sulla melodia morbida di “Le favole e le nuvole”, suggello carezzevole ad un lavoro che trasuda urgenza espressiva, palpitante vitalità ed una encomiabile umiltà, sia umana che artistica. (Manuel Maverna)