FORBIDDEN SEASONS  "Paramnesia "
   (2017 )

Il debutto dei Forbidden Seasons è un assalto aggressivo e pieno di qualità e buone idee all’insegna del metalcore più tradizionale. Il gruppo – originario di Torino e nato soltanto un anno fa – raccoglie tutti i frutti di questa sua prima, embrionale fase e dà vita a un EP che traccia con saggezza i problemi e le speranze della gente comune.

I Forbidden Seasons sono un quintetto già estremamente attivo e metodico. L’EP di debutto – “Paramnesia” è un titolo particolarmente bello ed evocativo – affronta con abilità e astuzia generi come metalcore, emo e hard rock in una serie di variazioni sul tema molto belle. L’intro strumentale “Birth” sfocia nella title track “Paramnesia”, dominata da chitarre distorte, batteria ciondolante e potente e una voce tremendamente disperata, acuta, che alterna momenti melodici a esplosioni roche ed emotive. Il lavoro strumentale rende l’atmosfera particolarmente cupa, gotica e colma di misteri e oscure presenze. La successiva “Aaru” si apre con un vocalizzo dolcissimo e straniante; subito dopo, però, siamo catapultati negli inferi da una mitragliatrice di suoni coerenti ma particolarmente spezzati nel ritmo e nell’approccio. L’effetto che si crea è grandioso: sembra che questi ragazzi non vogliano porre limiti ai loro progetti e alle loro ambizioni. E questo, in un EP d’esordio, non può che essere un pregio.

“Illusion” dà spazio a sonorità fantascientifiche e sognanti pur rimanendo all’interno del metalcore classico – il quintetto sa creare pathos e divertimento restando sempre in bilico tra melodia e distorsione feroce, non sottraendo nulla alla potenza dei pezzi. E anche questa caratteristica li rende una band da tenere d’occhio nell’immediato futuro: questi ragazzi manterranno le promesse che “Paramnesia” sembra mostrare? Bellissima la trovata della doppia voce che si interseca nel finale. “Shapes” esalta il lato sognante del gruppo, un versante piuttosto originale per quanto riguarda la scena metal italiana, e che potrebbe essere un loro punto di forza per i prossimi lavori. Anche qui la voce è grintosa, letale, mentre batteria e chitarre sembrano danzare sulle pendici di un vulcano in eruzione. La conclusione è affidata all’esplosione granitica di “Last Breath”, che parte con un urlo devastante e non cala mai di intensità. Un debutto solido, che trasuda già esperienza e forza di collaborazione da parte della band. Non ci resta che augurare ai cinque di continuare in questo percorso di crescita e passione. (Samuele Conficoni)