STEFANO DENTONE & ANTONIO GHEZZANI  "I pugilatori"
   (2017 )

Il rock primordiale, quello fatto di batteria, basso e chitarre in overdrive, senza fronzoli, continua a vivere la sua immortalità con Stefano Dentone e Antonio Ghezzani, che nel loro album "I pugilatori" esibiscono la loro passione per il sound asciutto del rock così come esce dagli amplificatori dal vivo, un po' come può essere per i Creedence Clearwater Revival. Non c'è eccesso di lavoro post produzione, è come assistere in diretta ad un concerto del quartetto inciso, e questo è testimonianza del fatto che l'intero album sia orgogliosamente autoprodotto. Produzione, mixaggio e master, e anche la costruzione delle chitarre è opera loro. I testi sono interpretati da un timbro vocale ben riconoscibile, anche se a volte nell'enfatizzazione delle vocali, evidente fin da "Amore nostro", ricorda un po' le virate di Piero Pelù, senza però cadere nella sua parodia. In "Inconcludente", dalla melodia incisiva nel blues, la chitarre giocano col tremolo. "Do you feel any pain?" è un pop rock con cori che ricorda gli Eagles. "Animale", "The artist" e "Il buio" navigano nel blues, nel complesso il loro stile si rifà al southern rock, chiaro soprattutto in "Set them free". Oltre a canzoni in italiano e inglese, c'è pure il francese in "Il Etait", dove la roots rock band ci concede la presenza di un organo e una situazione più acustica. Il suono si fa più duro nel singolo "Pugile" ed in "Rabbia", e più morbido in "Hangover", mostrando sia i denti e il sapore della lotta, che la tenerezza, ancora più sentita in "Find a way", brano dove la chitarra si diverte a fare ping pong sulle cuffie mentre la voce raggiunge un godibile intensità. "Mancini" è una dedica alla vita del campione ciociaro di motociclismo Franco Mancini, scomparso nel 1963 nell'autodromo romano di Vallelunga. "Fragile", ultimo pezzo "ufficiale" dell'album, è un rock pop dal gusto Negrita, ma poi c'è una bonus track intitolata "Back to rock'n'roll", dove appunto uno scatenato giro rock and roll, suonato dal basso ben messo in evidenza, accompagna una voce a cui è stato applicato il classico effetto slapback, così caro ai rocker dei primi anni ed a Bruce Springsteen. Un album godibilissimo per i rockettari di vecchia data, ma anche per i più giovani che vogliano ascoltare una musica che guardi alle radici del genere più celebrato del mondo. (Gilberto Ongaro)