ANTONIO AGNELLO  "Vecchia biro"
   (2017 )

Il siciliano Antonio Agnello esordisce con “Vecchia Biro”, dieci tracce il cui elemento stabile è... l’instabilità compositiva. Più generi si mescolano e danno vita ad un album apparentemente frivolo ma che, ascoltato attentamente, nasconde riflessioni profonde, frutto dei testi e degli arrangiamenti dell’autore. “Contrasti” è il brano d’apertura: contrasti musicali, vocali e testuali sono la caratteristica dei quasi tre minuti e mezzo di questo pezzo che, come un pendolo, oscilla tra la nevrosi della chitarra acustica, accompagnata da una voce inquietante, e il dolce dondolio degli altri strumenti, che sembrano proiettare l’ascoltatore in un clima di serenità interiore. Non si discosta dai contrasti sonori e dall’imprevedibilità ritmica “Fumare Uccide”, in cui non è il fumo in sé ad uccidere ma l’assenza di quella libertà che impedisce al tabagista di smettere. Tema serio affrontato con irriverenza, ironia e una buona dose di teatralità, in cui si esprime chiaramente che a nulla servono i moniti scritti sui pacchetti o le foto, quando la mente non è libera di dire basta. “I Mediterronei” è quasi strappalacrime nella sua intro malinconica, che vede i meridionali essere ovunque, sparsi nel mondo, ma sempre legati alle proprie origini, cultura, dialetto e usi: in una parola legati alla propria terra! Terra di contrasti, amata e odiata allo stesso tempo; terra che da lontano manca, ma che quando si ritorna non si vede l’ora di scappare nuovamente; terra tanto criticata quanto meta ambita di turismo. Contrasti che vengono messi in musica tra l’italiano e il dialetto, in un brano dalle tinte folkloristiche, a tratti spensierate a tratti cupe, in cui la teatralità è padrona incontrastata. “Mestieri In Estinzione” è un amara riflessione su una società che cambia e al fianco di nuovi lavori che emergono, frutto di una evoluzione, ci sono lavori che scompaiono definitivamente. Anche qui non mancano l’ironia e la spensieratezza nel raccontare, con sonorità swing e ammiccamenti al blues, la fine di umili lavori artigianali come calzolaio o panettiere. “Preludio” è un pezzo strumentale che porta a “Chitarra Ironica”, esaltazione dello strumento che accompagna la voce del nostro estroso cantautore, artefice di sogni ma anche di dure prove da affrontare per mettere in musica ciò che la creatività suggerisce. Anche qui non siamo di fronte ad un pezzo statico ma variabile, stravagante e per questo unico nel suo genere, che fa venire in mente “La Genesi” di Guccini (brano di ''Opera Buffa'') quanto ad ironia, con alcune influenze di De Andrè nelle sonorità. Musica e testo di “Infiniti Petali” ci riportano agli anni ’50, una spensierata dichiarazione d’amore, mentre “Dipinto Rosso” è il racconto di un colpo di fulmine incontrando una lei vestita di rosso ed al cui passaggio tutto prende il colore del vestito. Si gioca con la musica e con la voce tra bossa nova, swing e pop in “Quartiere Miao”, che in quasi quattro minuti e mezzo racconta la vita vissuta dai gatti liberi in un quartiere fatto solo per loro. Fantasia o utopia non importa, perché l’immaginazione porta ad una società più allegra, spensierata e armoniosa di quella reale in cui vive l’uomo moderno. Si passa alla realtà ne “L’Immagine Dei Tempi”, apparentemente la più traccia più lunga di tutto il disco, ma non è così perché include una ghost track, nientepopodimenoché la title track! Irriverenza, ironia e contrasto anche nel celare la canzone che dà il titolo all’intero lavoro! Questo è l’esordio dell’estroso artista siciliano. L’amara riflessione ne “L’Immagine Dei Tempi” è su un presente pieno di interrogativi ma con una speranza su un futuro migliore, mentre la traccia fantasma chiude con estro e gioia ciò che il segno dei tempi aveva aperto con malinconia. Se queste sono le premesse dell’esordio, non si può fare altro che sperare di ascoltare presto i nuovi lavori di questo geniale cantautore. (Angelo Torre)