LIGABUE  "Lambrusco coltelli rose & popcorn"
   (1991 )

Aveva fatto il giro d’Italia, sorprendendosi anche lui di come avesse fatto boom. E subito capì che era il caso di battere il ferro finchè era caldo, hai visto mai: anche la Steve Rogers Band era esplosa un giorno, e implosa il giorno dopo. Ma con la sua aria di chi ne aveva viste già tante, e di chi voleva gridare al cielo la voglia di uscire dal branco senza però allontanarsi troppo, divenne l’ideale per una generazione. Quella che magari temeva ancora gli eccessi sballati di Vasco, o che non se la sentiva di affidarsi ai diabolici Litfiba: lui roccheggiava, ma non era difficile immaginarselo, finito il concerto, in pantofole a casa propria o in una qualche taverna sulla Via Emilia, senza inseguire groupies o spaccare chitarre in testa a custodi di albergo. Il rock, però, è rock in quanto tale, e guai contaminarlo: in questo secondo album iniziano a vedersi i pregi e i difetti che del Liga sarebbero stati compagni di viaggio. Le canzoni con slogan da stadio, quelle da “Urlando contro il cielo” ci sono tutte: dal singolo “Libera nos a malo”, dalle “Anime in plexiglass”. Stiamo con i piedi per terra, perché “prima e dopo il sogno c’è la vita da vivere-vivereeeh”. Ma ci sono anche i difetti, quelli di un sound forse troppo legato agli stessi stereotipi, forse troppo ripetitivo nei soliti accordi, che possono stancare i non allineati. Ma, come detto, nessuno chiede al rock di essere qualcosa di diverso, e se in questi oltre 20 anni di carriera il Liga è diventato quello che è diventato, vuol dire che poi non gli viene chiesto di fare rap, e tutti sono contenti così. (Enrico Faggiano)