GORKY PARK  "Gorky Park"
   (1989 )

Una perestrojka può farvi felici, una perestrojka può mandarvi in tilt. Loro erano sovietici, parola che ora sembra antica come telegrafo, calamaio, o come Bologna-in-serie-A. Erano riusciti a sbarcare negli USA, si erano fatti amare da Bon Jovi, e ne erano tornati a casa con un disco, bello e pronto per un mercato, quello del 1989, che tanto spazio stava dando all’hard rock capellone. Il mix doveva essere molto semplice: roccheggiamo come il nostro pigmalione, ma cerchiamo di non dimenticare da dove veniamo, anche solo per attrarre il pubblico con il nostro essere esotici. E poi, mettiamo nelle note di copertina un bel ringraziamento a Gorbaciov, senza il quale “la nostra musica non avrebbe superato i patri confini”. BANG, partiva il disco, seguito da un “say da da da” che non era esattamente quello dei tedeschi Trio. Qualche frase in russo, scritta anche in cirillico nei testi, era una firma che non poteva non attrarre un mondo sconvolto da muri che crollavano e bandiere che venivano ammainate: loro ci nuotarono nel miglior modo possibile, e soprattutto negli States vennero adottati come i figli poveri dei comunisti che andavano ad abbeverarsi dalla Grande Madre. Rock esotico, insomma, che perse appeal internazionale quando dalla ex CCCP ormai fuoriusciva qualsiasi cosa. Avrebbero continuato a far proseliti in casa, nulla fuori. Se ne poteva fare a meno? Visto che il successivo prodotto russo arrivato a noi è stato quello delle Ta.Tu, insomma… Ci poteva andare peggio. (Enrico Faggiano)