STAR TRICK  "Star Trick"
   (2017 )

Si chiama “Star Trick” il progetto nato dall'unione dei rappers e freestylers Kenzie e Johnny Roy e il dj e produttore Don Plemo, che per questo progetto si avvalgono anche di alcune collaborazioni interessanti. Non è la prima volta che i tre lavorano insieme: Don Plemo aveva già pubblicato con loro e altri artisti della scena hip hop italiana - come Lord Madness, E-Green e Turi - il settimo dei mixtapes “XXX” e ben quattro album con Johnny Roy. Lui e Kenzie non sono alle prime armi in questo mondo, hanno anzi diversi anni di gavetta alle spalle: Johnny Roy è sulla scena dal 1998 e ha pubblicato dal 2000 a oggi oltre dieci album, oltre ad aver partecipato ai principali contest di freestyler, come 2toBeat, Tecniche Perfette e MTV Spit; Kenzie invece ha pubblicato un disco con la Glory Hole, ”Can't See Can't Say” (2013), e si è distinto nella scena freestyler vincendo l'ottava edizione di Tecniche Perfette e partecipando alle prime due edizioni di MTV Spit. Da “Star Trick” emerge la passione degli artisti verso il proprio lavoro, che si inserisce nella lunga tradizione della classica scena hip hop italiana post 2000, sia come sonorità che come argomenti trattati - in particolare quella romana diventa la maggior influenza (non dimentichiamoci che Johnny Roy viene da quel contesto). Essi scelgono di non conformarsi alle tendenze attuali, modo forse più semplice per arrivare a un grande pubblico, ma di proporre un lavoro che viene dalla strada e che a questa è diretto, senza mezzi termini né censure. I due MCs rappano con un linguaggio libero ed esplicito, da cui si intuisce appieno la natura indipendente della produzione, le metriche sono composte da diversi incastri e trick di buona fattura, ma perdono forse l'occasione di dire qualcosa di un po' più scomodo ed efficace rispetto ai soliti temi; non aiuta poi la schematicità di puntuale alternanza fra strofa e ritornello, che alla lunga rende le canzoni un po' ripetitive e già sentite. In buona parte dei pezzi i ragazzi usano uno stile di scrittura più autocelebrativo, con molte frasi da dissing che ci ricordano la loro natura da freestylers. Canzoni come “California”, traccia scelta per aprire l'album, suonano come un pezzo già vecchio, ennesimo racconto di vita notturna e di superiorità rispetto all'avversario. Ci sono comunque tentativi di entrare più nel profondo della condizione umana, con belle canzoni come “Non ho mai chiesto”, ma non si riesce mai a raggiungere quel qualcosa in più (quelle vette di lirismo capaci di emozionare veramente) in grado di farne un pezzo da ricordare: manca la capacità di creare immagini reali comuni, istantanee mentali che portino a immergersi nel pezzo e nel mondo descritto. Anche “Demoni” è un altro brano in cui si vede una certa esigenza nel raccontare il proprio vissuto, ma la bellezza delle strofe, cariche di tecnica e di "fotta", viene in parte mitigata da un ritornello meno pregnante. Due le collaborazioni più importanti nell'album: la prima è quella con Paura e Dj Fakser per il pezzo “Il mare”, in cui si parla dei problemi della vita di strada, affidando al rap una funzione quasi salvifica per poterne uscire. La seconda è “HWD”, in collaborazione con Willie Peyote, che sfoggia diversi riferimenti colti nel criticare la banalità di certi "cervelloni" che passano il loro tempo su internet per poi "scoprire solo l'acqua calda". Bisogna certo dire che “Star Trick” è un album ben fatto, da persone che conoscono il loro lavoro e sanno come muoversi nel loro campo. Probabilmente in questa occasione hanno preferito portare a termine un disco che rispecchi canoni già tracciati dai masterpieces passati della scena, piuttosto che portare particolari innovazioni al genere o dire qualcosa di davvero nuovo. In ogni canzone si sente un discreto lavoro su tutti i campi senza però eccellere pienamente in nessuno di essi: manca infatti la particolarità di una voce capace di catalizzare l’attenzione con il solo timbro, la capacità di creare basi e suoni in grado di incuriosire l’orecchio di chi ascolta e l'abilità di scrivere testi che riescano a far viaggiare l’ascoltatore all’interno delle parole. L'album è comunque valido per l'aderenza agli stilemi dell'hip hop, mentre il lato di innovazione e sperimentazione viene (forse volutamente) lasciato da parte. Mi sento quindi di consigliare l'ascolto di questo disco a chi è appassionato dei prodotti vecchia scuola, alle sue tematiche e al suo stile: gli apprezzatori del genere si troveranno di fronte a un album capace di soddisfare la propria voglia di rap nudo e crudo, alla vecchia maniera. (Bianca Bernazzi)