LA JOVENC  "Mater"
   (2017 )

Qualcuno ricorderà l'esperimento di Wendy Carlos, compositrice di musica elettronica che tradusse l'intera partitura della Nona Sinfonia di Beethoven in suoni sintetizzati. Quella versione è nota per essere parte della colonna sonora di ''Arancia meccanica''. La Jovenc, al secolo Giovanni dal Monte, ha compiuto un'operazione affine, ma in maniera meno orecchiabile e riconoscibile. L'album "Mater" è un'approfondita ricerca tra composizioni di autori rinascimentali, trascritte poi per essere suonate direttamente dalle macchine. Gli autori scelti sono nascosti nei titoli dei brani, all'apparenza senza senso: "Palst quattro", "Encn uno", "Lmlin", "Tvrnr", "Rdfrd tre" e così via. Queste abbreviazioni fanno riferimento a Giovanni Da Palestrina, Encina, Lemlin, Taverner e Redford, poi ce ne sono altri ancora ignoti al sottoscritto. I titoli così possono servire da indizio per chi volesse andare a cercare quale composizione sia stata di volta in volta stravolta. Sì perché, a differenza del lavoro di Carlos, dove melodia e armonia sono ancora comprensibili, La Jovenc prende le trascrizioni e ci gioca ulteriormente, con effetti e aggiungendo anche qua e là una drum machine ("Snfl") ibridandosi così con la musica concreta. Le tracce sono piuttosto brevi, non ci sono introduzioni né code in aggiunta alla fedele composizione trascritta, e ci sono diverse zone di contrappunto. Tuttavia, per certi aspetti l'effetto che si ottiene è simile ad alcuni momenti presenti nell'album "The Asimov Assembly - A tribute to Isaac Newton" di Fabio Liberatori. Certo, può suscitare perplessità accostare un lavoro basato su musiche tardomedievali ad un altro ispirato invece allo scrittore di fantascienza per antonomasia. Eppure ci sono dei fili (elettronici) che accomunano le due ispirazioni, per quanto riguarda la scelta di alcuni suoni che strizzano l'occhio all'ambient e a volte alla vaporwave ("Capir due"). Senz'altro un lavoro per orecchie erudite, che potranno apprezzare molti più aspetti di quelli qui riportati. (Gilberto Ongaro)