AFU  "Great weather, no crowds"
   (2017 )

La rock band torinese AFU ha registrato nel 2016 il suo LP “Great Weather, No Crowds” utilizzando diversi stilemi della storia dell’alternative rock: l’album risulta un omaggio appassionato alle fresche sonorità anni settanta, alle ricerche più cupe tipiche degli anni ottanta, al grunge generazionale anni novanta e alla matura profondità di un certo rock anni duemila. Il tutto non risulta affatto banale e dà nuova linfa a un genere di cui in tanti in Italia si riempiono la bocca ma che ben pochi sanno suonare veramente bene. Gli AFU sanno suonarlo.

Scariche di elettricità mescolate a momenti più dolci ed emozionanti, il tutto unito a testi ermetici e difficilmente decifrabili. Il disco parte forte mantenendo proprio quest’attitudine: in “Dolores” possiamo ascoltare impennate chitarristiche, aggressioni vocali e momenti più calmi e sentimentali. “Head Off” ribadisce il concetto: c’è spazio per tutti. T Rex, Television, Pixies, Japandroids: quasi quattro decenni abbracciati e sintetizzati in piroette di batterie e basso, avvolgenti assoli e voci spoglie di effetti e piene di sentimento. Non mancano, come si diceva sopra, i momenti più lenti, le ballate romantiche. “Chantal” è una di queste: matura, sincera e ambiziosa, riesce a non deludere le aspettative pur installandosi in una linea ben tracciata e sperimentata da tantissimi gruppi stranieri e nostrani. “Quickie” ricomincia gli inseguimenti di chitarre e voci, potenti e sanguinari, che sembrano non arrestarsi mai. “Ain’t It Funny” chiude la prima metà del disco con un’amara dichiarazione di amore e di passione verso la ballata rock, rivisitata e omaggiata attraverso una melodia accattivante e un arrangiamento ‘70s.

“Mayan Veil”, dal titolo filosofico e già programmatico, è una sperimentazione sonora che cerca di attraversare quattro decenni di rock, prendendo il sound degli anni novanta e mescolandolo con stilemi dei settanta e dei duemila, ma mantenendo una certa ballabilità anni ottanta. La voce splende e le chitarre emanano grinta. “3/4” è un grunge à la Soundgarden, potente e imperioso, a tratti dolce e a tratti aggressivo. “Peaceful” è, come il titolo recita, più pacata e pacificata, ma non rinuncia a momenti devastanti ed esplosivi, che non lasciano mai tranquillo l’ascoltatore. Disagio e sincerità traspaiono durante l’ascolto del brano. Il momento lento prima della conclusione è affidata a “Ballad for the Sun”, che ha qualcosa dei Pearl Jam e qualcosa degli Eagles nella sua cantabilità dolce e ristoratrice. La conclusione vera e propria è affidata a “Tubero (The Tale of How 365 Days Made a Devolution)”, triste ma conciliante, un altro lento dalle tinte oscure che richiama non poco gli anni ottanta. L’obiettivo degli AFU è centrato in pieno, e il disco risulta piacevole ed estremamente ispirato. (Samuele Conficoni)