ETRUSCHI FROM LAKOTA  "Giù la testa"
   (2017 )

A due anni di distanza dall'album "Non ci resta che ridere", finalmente gli Etruschi from Lakota pubblicano la loro terza fatica "Giù la testa", con nove fiammanti canzoni che confermano la loro direzione tra il beffardo zappiano e il recupero dell'hard rock classico, con quella giusta dose di blues che tutti i più grandi han sempre inserito tra i loro riff più taglienti; ascoltando i nostri eroi pisani, i nomi che vengono in mente sono nientemeno che Led Zeppelin, The Kinks e ZZ Top. I testi oscillano in maniera equilibrata tra uno sberleffo acuto e rivolto agli italiani, e un'irresistibile voglia di fare i cretini, tanto da far ripensare in certe urla agli Skiantos. Il brano d'apertura "Eurocirco" ci invita ad entrare nello spettacolo circense della UE, tra "prestigiatori dell'economia", "lupi travestiti che recitan da cani" e l'uomo cannone che però è rivolto contro di noi, assieme alle proboscidi d'acciaio degli elefanti che sparano. C'è pure un riferimento allo sguardo pasoliniano alla realtà. "Bibidi bobidi bu", con un sound lo-fi, dal circo ci sposta "nella giungla urbana hollywoodiana" e nella sua brutta copia all'italiana, tra insegne sexy della Pepsi e il paradosso delle magliette di Che Guevara comprate da Zara. L'irritante ritornello disintegra qualunque illusione: "Bibidi bobidi bu, ma chi ci crede più". Si continua a irridere l'attualità, intrisa di terrorismo psicologico da parte della informazione (anzi dell'infotainment), nel pezzo "Stivale", con una chitarra distortissima che ricorda l'ampli tagliato di Hendrix. "Han rubato lo stivale", sottintendendo ovviamente l'Italia. "C'è chi fruga tra i bidoni, santo cielo i miei bidoni, sono gente senza Dio, o comunque non il mio!". La paura si è insinuata in noi, tanto da chiedere l'intervento della polizia anche per ogni minimo movimento: "Con i cannoni generale proteggete casa mia! Telecamere ad ogni angolo, e chi griderà allo scandalo è un coglione oppure un vandalo poco fotogenico!". La prevedibile soluzione a questa escalation di paura è arrivare alle armi, e un coro in falsetto stile primi EELST intona: "Niente scuse generale, si prepari ad una guerra nucleare". La paura è ancora protagonista nel pezzo successivo "Giù la testa", dove il nostro protagonista spaventato va dallo psicologo: "Sobbalzo al suono di una serranda abbassata, ti giuro ero convinto fosse una fucilata". Banjo ed armonica sanciscono il collegamento, non solo musicale, tra il paesino sperduto nel Texas dove si abita armati fino ai denti per difendersi dai gringos, e il paesino della provincia italiana dove "lo schermo piatto" lava le menti degli abitanti più suggestionabili. Una doppietta di canzoni sensuali, anzi sessuali, ci fanno prendere una pausa dai dileggi al costume: "Quando vedo te" e "Coito ergo sum". La prima è un lento seducente, dove l'uomo indugia ad osservare la donna che si insapona e si risciacqua. La chitarra gioca a vibrare con tremolo e vibrato, e l'interpretazione vocale è particolarmente efficace, l'eccitazione è... palpabile, come negli occhi fuori dalle orbite di Roger Rabbit. Nella seconda, una melodia soul pentatonica tiene il clima acceso: "Spunterà il sole tra meno di un minuto, ma cosa te ne frega, tu sei già venuto!". Se Hendrix prima veniva evocato dal sound, ora c'è una dedica esplicita e spassosissima: "Jimi". La canzone è piena di citazioni musicali; gli Etruschi saccheggiano impunemente "Land of 1000 dances" di Pickett, i Deep Purple e forse "Time warp" nella costruzione dei cori, in questa folle corsa dove la band urla: "Jimi dove cazzo sei? Torna con la tua chitarra! (...) Hai bruciato la chitarra e te ne sei andato!". "Super" è invece un country rock scatenato, con la stessa intenzione di "Bullfrog" di Blackmore. Tra il serio e il faceto, gli Etruschi dichiarano di essere fortunati perché nati in un secolo super... ma dove molti si credono superuomini, che invece non sono. L'agitato album viene concluso da un moderato dal titolo che fa preoccupare: "Viva l'amore". Con gli strumenti acustici in primo piano, emerge un timore fatalista: "So che tra dieci anni scriverò canzoni d'amore". E il coro in falsetto ironicamente chiosa: "Viva l'amore!". Beh, allora non resta che godersi il prossimo decennio, con questo nuovo album (e i precedenti) degli Etruschi from Lakota, facendosi grasse risate, amare ma rumorose, delle nostre superstizioni e delle sciagurate decisioni di chi sta più in alto di noi. Sperando che nel frattempo gli Etruschi non perdano mai questa immediatezza divertente e allo stesso tempo incisiva ed intelligente. (Gilberto Ongaro)