IL TEMPIO DELLE CLESSIDRE  "Il-Lūdĕre"
   (2017 )

Il neoprogressive italiano continua a sfornare opere di prestigio. Il Tempio delle Clessidre porta alla luce "Il-Lūdĕre", un album denso di incantesimi musicali, fatti da numerosi cambi armonici, gusto per le atmosfere un po' gotiche, ma soprattutto temi vocali ariosi e significativi nell'economia delle canzoni. La voce di Francesco Ciapica è vigorosa e carismatica, e riesce a restare protagonista nonostante la ricchezza lussureggiante degli arrangiamenti. L'opera comincia con un'introduzione che è già un breve brano a sé stante: "Le regole del gioco". Un'atmosfera cyberpunk trasporta dei passi e un parlato che ci accoglie. Le tastiere di Elisa Montaldo, qui e spesso altrove, sono in primo piano. La melodia portante de "La parola magica" ha sapore jazz, anche se la band sta attenta a non renderla un banale swing. Nel testo c'è la chiave per interpretare l'Lp: "Ora sembra sciocco ma non capisco più cos'è che può dare valore a quello che dico, in cui credo". C'è infatti un lavoro certosino sui testi, si affronta come spesso accade, la differenza tra la semplicità di visione dell'infanzia e lo sguardo adulto; ma non c'è traccia di nostalgia, anzi l'aspetto fanciullesco sembra rimasto intatto: "Non ho bisogno mai di tutti i vostri abiti come limiti, vivo di sogni limpidi". Il brano viene terminato da una coda di piano elettrico, e si prosegue nella fantasia nel successivo pezzo "Come nelle favole". Un intro di chitarra eroica fa decollare il prog metal del Tempio, e Francesco canta: "Quanti contrasti affronterò se non sento di non appartenere alla follia di questa età". Il refrain viene cantato in coro dalla band. L'impeto della canzone è trascinante, sia per il modo di cantare che nell'entusiasmante parte strumentale. Stranamente, dopo la chiusura del brano, la traccia viene conclusa da dei feedback di note di chitarra che ricordano gli esperimenti di Brian Eno, o i frippertronics. Il piglio giocoso emerge in "Dentro la mia mente", pezzo carico di groove che ospita un suono lead di tastiera pizzicato ed elaborato in maniera intrigante. Il testo è un metatesto sulla ricerca delle parole adatte per questo genere di musica: "Dov'è, non c'è, non la trovo dentro me la parola che servirà a descrivere tutto quello che bisognerebbe dir in una canzone dallo stile rock progressive". Quando si fa capire che la parola viene trovata, la musica accompagna in maniera vittoriosa: "Ecco che arriva, si rivela splendente, è in fondo sempre stata qui dentro la mia mente". E' una sorta di parodia dell'atteggiamento di chi scrive i testi nel prog, che spesso cerca per forza parole difficili, denotando una certa... prosopopea. La canzone ospita alla fine un elenco di parole ricercate trovate a caso nel dizionario: "Alterco, spicilegio, esiziale...". Con l'ironia succede che ridendo e scherzando, ti appropri di ciò che deridi, un po' come successe ai Jethro Tull, che iniziarono volendo prendere in giro le lungaggini prog, e finirono con lo scrivere un disco capostipite del genere. Speriamo che ci sia un destino simile anche per Il Tempio delle Clessidre, che dimostra al contempo una tecnica invidiabile e un senso dello scherzo che rende ciò che si potrebbe prendere come composizioni "barocche" (come dicono sempre i detrattori del prog), queste musiche che invece sono manifestazioni estetiche di libertà. Altro esempio di libertà divertita è lo "Spettro del palco", che propone un'atmosfera da horror romanzesco, come per una colonna sonora di una trasposizione cinematografica di un giallo di Agatha Christie. Al termine il pianoforte anticipa un tema che tornerà più tardi. Un altro delicato pianoforte introduce "Prospettive", che esplode in un prog metal con giochi su tempi dispari nelle fasi strumentali, e nel corso del pezzo spicca una chitarra solista molto espressiva. "Manitou", come intuibile dal titolo, prepara una situazione etnica, creata dall'importanza centrale delle percussioni. La melodia cantata è quella anticipata dal pianoforte alla fine di "Spettro del palco". Le parole si caricano di simbolismi: "L'orizzonte trema di già, nel tramonto rosso intenso vibra un albero". E' un momento davvero suggestivo dell'album, con una steel guitar gilmouriana che però non scalfisce lo stile personale delle Clessidre. "Nuova alchimia", fra chitarre graffianti ed obbligati à la Gentle Giant, affronta l'Assoluto: "Cerco, trovo la definitiva soluzione, grazie a un alito di vita artificiale, posso ancora respirare, puro nell'anima. Uomo, dov'è Dio?" Chiude l'avventura "La spirale del vento", ultimo capitolo che contiene di nuovo elementi di tensione narrativa, pianoforte che indugia su armonie diminuite, e come dice la voce, "gusto dell'oscurità". Dopo una lunga fase strumentale, la melodia cantata viene ripresa dalle tastiere, per giungere a un finale epico che lascia storditi (e soddisfatti). L'album è chiuso dalla bonus track "Gnaffè", divertissement liberamente ispirato dal Decameron di Boccaccio, dove Elisa suona il clavicembalo e Francesco, favellando con l'italiano trecentesco e tessendo anche una melodia à la Branduardi, sembra essere vestito con la calzamaglia, tipica della moda tardomedievale. Anche se presentata come bonus track, anche qui compare la ricerca di un incantesimo, nel racconto. Concludendo, "Il-ludere" è un album ricco e divertente, che soddisferà i progger più esigenti, e Il Tempio delle Clessidre ormai è una realtà consolidata nell'ambiente. (Gilberto Ongaro)