A TASTE OF FEAR  "God's design"
   (2018 )

Da Roma arrivano gli A Taste of Fear, che esordiscono con l'album ''God's design''. Questo progetto death/trash metal parte dalla mente del bassista, Michele Attolino, e si sente, poiché il basso spesso e volentieri si emancipa dalla sua funzione di supporto ritmico e armonico, per diventare in più episodi virtuoso protagonista. La chitarra spesso resta ligia ai sedicesimi, ma nel primo pezzo "God's Design" segue il basso in un riff con più groove, quasi da funk, mentre la batteria non si distacca dal ''tupatupatupa''. Essendo la paura l'emozione principalmente rappresentata, sovente si utilizzano armonie diminuite, come nell'introduzione del brano di chiusura che porta il nome della band, "A taste of fear". L'assolo della chitarra che chiude il pezzo e l'Lp, iniziando con una cascata velocissima di note, gradualmente si trasforma in un vibrato di leva espressivo. La voce di Stefano Sciamanna, principalmente in scream, vira anche in un gravissimo growl in "Make suffer", che tra l'altro, visto il testo, sembra quasi un brano-manifesto: "We are who we are - [coro] make suffer! Make suffer!". Anche in quel caso, ad un certo punto il basso si stacca dal riff per improvvisare. Curiosa "Out of place", introdotta da una chitarra acustica, cosa oggi ormai non più strana, però poi l'acustica torna nell'assolo con un'intenzione quasi da flamenco. Tra l'altro c'è un bridge in cui il riff, partendo da un accordo minore, scende di un semitono in maggiore, come in una costruzione da epic. Il concetto del disegno di Dio torna anche in "Ripped soul's gift", e tutti i testi sono collegati. "I feel part of something", "My body is changing", e nel lungo pezzo "A feared secret" si affronta il buio, per rivelare questo segreto temuto: "I cannot see, it's dark in the night", poi c'è spazio alla classica cattiveria del genere: "I'll see you die!". Cambi di tempo e un gioco inaspettato sullo spostamento di accenti in "The passage", verso la fine. Il 4/4 diventa un 6/8, ma il momento del cambio viene introdotto col rullante che batte sul primo battito e sul levare fra secondo e terzo, quindi sembra di ascoltare uno shuffle. Invece in seguito si svela l'inganno ritmico, rimettendo i battiti al loro posto. Gli A Taste of Fear si presentano con una buona tecnica e fantasia compositiva, oltre che con l'impatto tipico del sound death e la ritmica thrash. (Gilberto Ongaro)