TULLIO DE PISCOPO  "Bello carico"
   (1988 )

Era stato il suo jolly. Anni di gavetta, rullando su qualsiasi cosa avesse una superficie rullabile, tambureggiando come un pazzo con mani, bacchette, piedi, e chissà cosa altro. Ma il successo non arrivava, a parte un discreto airplay per "Stop bajon": in fondo, era uno dei tanti napoletani che, in Pino Daniele style, mischiava dialetto con inglese, e nemmeno era riuscito a sfondare le classifiche come Toni Esposito, altro percussionista doc, quattro anni prima con "Kalimba de luna". Poi, Sanremo, e il mondo cambiò. "Andamento lento" nemmeno si fece tanto notare, in quella competizione vinta da Massimo Ranieri davanti probabilmente a Toto Cutugno: per consolarlo, lo stesso Toto gli disse "avrai successo all'estero, con questa canzone!". Il classico contentino che si diceva a chiunque facesse una canzone ritmata, come se in Italia ci fosse spazio solo per i "adesso-andate-vvvvia-vvvvoglio-restare-ssssoooolo", e solo Oltralpe i non melodici avessero cittadinanza. Un tubo: la canzone di De Piscopo sfondò radio, classifiche, discoteche, e - cosa non sempre facile per i pezzi sanremesi - arrivà ancora "bella carica" in estate, a diventar classico per le feste negli alberghi, in attesa magari dei trenini di San Silvestro. Si caricò l'album sulle spalle, a partire da quella "Energia compressa" che bene andò al Festivalbar, e tutto pareva andare bene. Boom-boom, con la voce di Tullio che, ok, non era proprio figlia di Caruso, ma che non stonava su un tappeto rullante di ritmo, roba non sempre facile da trovare nei dischi italiani dell'epoca. Una specie di mini-classico, unica esplosione da hit parade per chi, già a partire dal Sanremo successivo ("E allora e allora") capì che il treno era passato, lui ci era saputo salire, ma che era già il momento di scendere. (Enrico Faggiano)