DOWNFLYERS  "Frequency"
   (2018 )

Da Brescia i Downflyers ci propongono un album che mescola il punk con l'alternative rock, "Frequency". L'Lp si propone come un concept album, cosa insolita in un genere votato all'incisività, e infatti la storia di Grey rimane un po' implicita, la cosa che spicca di più all'orecchio è il suono abrasivo di chitarra, unito in più episodi ad un suono lead brass di tastiera, che solitamente si sente nei climax della techno. Una scelta felice, che rinfresca un genere da skater americano abbastanza frequentato e solitamente scevro da innovazioni. Comunque riportiamo qualche stralcio nella narrazione. "Obey!" si focalizza sul protagonista dal nome significativo Grey, al quale nel refrain un coro virile urla: "Stay grey! Obey!", ma il Grigio incontrerà i colori, grazie a Queen, il personaggio femminile che cambierà la sua vita, in "Times New Romance", tirando fuori la sua parte migliore. Altro aspetto del concept è quello del Suono e del Silenzio, contrapposti come nemici. Grey vive nel Silenzio, ma i colori si fanno sentire dal Suono in "And his name is Anthem", il brano più rappresentativo del punk rock d'oltreoceano, con ritornello in tempo dimezzato e l'immancabile "I don't fucking care" nel testo. Uno dei brani emotivamente e corporalmente più coinvolgenti è però "Funeral of me", una corsa punk con il sopracitato suono techno, nel quale Grey compie l'alchemica trasformazione della propria identità, facendo il funerale alla vecchia gabbia: "I can set myself free with this funeral of me". Un breve interludio atmosferico ("We won't be afraid") porta nel titolo parte del ritornello di "Bleeding skies", energica resa dei conti della storia. Lieto fine nella vigorosa "The road so far (don't die here)", ambientata in una corsa nel deserto in macchina: "I can feel the wheels in the sand". I Downflyers, giunti al primo long playing dopo due Ep, dimostrano un sound riconoscibile che li farà eccellere all'interno dell'ambiente alt. (Gilberto Ongaro)