URBAN STEAM  "Under concrete"
   (2018 )

Da Roma arrivano gli Urban Steam, una rock band che principalmente si diverte e suona bene, ed è ben affiatata dal punto di vista ritmico. Ciò si avverte ascoltando le parti strumentali nelle loro canzoni, dove emerge un buon interplay. La band è nata nel 2012, e dopo una demo giunge al primo album completo, "Under Concrete". L'Lp contiene 8 canzoni che seguono una linea rock classica, con preferenza verso le tonalità minori. I testi sono eterogenei e affrontano a volte l'attualità, come in "Storm", ma più spesso temi introspettivi e spirituali. In "Soul", dove gli accordi di settima maggiore evocano una situazione riflessiva, si affronta la solitudine avvertita anche in presenza di un'altra persona: "I don't feel you and I'm alone". Nella titletrack si ragiona sulla nostra società competitiva fino alla spietatezza, che comunque non riesce ad annullare ciò che di onesto resta recondito nell'anima: "Show your trophies to the losers (...) you can't beat your shadow". La chitarra spesso e volentieri inserisce degli assoli un po' anni '80. Le influenze sono variegate, ma a volte cozzano. La voce sa arrivare molto in alto, sa graffiare e ringhiare, però in alcuni passaggi, come in "Cross the line", lo sforzo negli acuti è eccessivo, risulta un tentativo sguaiato di imitare Ian Gillan, forse perché, in quei punti di interpretazione vocale intensa, la band non è ancora arrivata al proprio climax. Va meglio in "Citylights", strutturata quasi in chiave prog. Il batterista sa mediare tra le disparate influenze, suonando a volte più rock puro, a volte aggiungendo il doppio pedale da metal senza mai abusarne (in questa e in "They live"). In "Wake up" c'è un apprezzabile palm muting rapido ed efficace, ed infine "Years" fa sentire l'eredità dei Rush, con quelle costruzioni al contempo prog e hard rock. "Under concrete" è un album suonato bene, che trova difficoltà ad essere targetizzato, però si farà apprezzare da differenti fette di pubblico che bazzica nel rock. (Gilberto Ongaro)