QUINTORIGO  "Opposites"
   (2018 )

Tre anni sono passati dall'ultima uscita in studio dei Quintorigo, il live "Around Zappa" dedicato al Frank più importante del rock. Ed ora il quartetto meno incasellabile d'Italia torna con un doppio disco, "Opposites", che già dal titolo fa intuire come proseguirà nel proprio personale percorso fatto di unione eterogenea di stili, costantemente decontestualizzati e ritrasformati. Il disco di brani inediti inizia con "1977", un tema di violoncello di Gionata Costa che potremmo definire avventuroso (basato su scala con IV grado eccedente), sostenuto da una batteria incalzante di Gianluca Nanni. Il tema poi trasla al contrabbasso di Stefano Ricci, per farne il mood sul quale improvvisa il flicorno di Enrico Rava, ospite speciale in questa ed altre tracce come "Opposite attract", che gode di un simile mood però al contempo più soft e più inquieto. Con "Special mind" fa capolino la nuova voce dei Quintorigo, quella di Alessio Velliscig, che si dimostra versatile (caratteristica basilare per questa formazione) e che sa valorizzare il registro più baritonale. Nelle fasi in cui sembra cantare nel modo più naturale, nelle note tenorili, il suo timbro molto virile ricorda lontanamente quello di Chad Kroeger dei Nickelback, senza il graffiato. Piccolo dettaglio da notare è che in questo pezzo, sullo sfondo torna quella particolare distorsione effettata, che i Quintorigo avevano introdotto nel 2001 nella celebre "Bentivoglio Angelina". Nonostante l'anarchia stilistica, permangono quindi certi elementi che contraddistinguono l'originalissima band. Come succede in "Aeneis", che parte con un arrangiamento pizzicato d'archi, dove dialogano il sax di Valentino Bianchi ed il violino di Andrea Costa in maniera classica, ma poi viene accesa la distorsione elettrica da rock, affiancata da armonizzazioni. Jazz, classica e rock, come al solito i confini si perdono, e resta solo la bellezza. Alcune tracce fungono da macchina del tempo, come fossero composte all'interno di un wormhole spaziotemporale. I due esempi più eclatanti sono "A pidgeon's overview", che dirotta un groove funky in uno swing con walking bass, e la suggestiva "Dust town", un lento soffuso con spazzole alla batteria, che inizia come un crescendo emotivo che prende spunto chiaramente dalle colonne sonore del cinema muto anni '20. In pochi secondi, distorcendo gradualmente le lunghe e lente note, si passa dalla celluloide alle camicie boscaiole del post rock canadese di fine Novecento. La mescolanza di colori porta idealmente al bianco; siccome siamo umani, se proviamo a mischiare tutte le tempere esce una specie di grigio. E "Grey comedy" è la tonalità giusta per definire tale pezzo, una ballata parecchio jazz, dove gli archi però eseguono armonie che si inoltrano nell'esatonale, quindi nel sospeso. Al contrario, "Suit-and-tie bandits" saccheggia a piene mani da un ideale mondo a metà tra il charleston e il dixieland, recuperandone lo spirito ironico (per chi non è pratico del charleston, la sigla di "Stanlio e Ollio" rientra in quell'ambiente). Ora arriva un titolo inaspettato, ma i Quintorigo vogliono definirsi dei gangster della musica, e questo spiega la lettura di "Fuck the bank", caratterizzata da un folle tema all'unisono fra violino e sax, e poi da una coinvolgente ritmica rock. Brano dall'inizio più posato è "The great surrender", dove Velliscig torna a cantare con un'interpretazione da rock alternativo di Seattle (da notare che il doppio album è principalmente strumentale), ed infine il delicato "Waltz for Naima" riporta il flicorno di Rava al centro dell'attenzione. Chiaramente, l'influenza maggiore, in una formazione che ama scardinare i confini musicali, deve avere una passione per il jazz. Infatti, il secondo disco di "Opposites" è una raccolta di rivisitazioni di materiale eterogeneo, ma principalmente jazz (Ellington, Gillespie...). "Congeniality" di Coleman, in questa versione forse può diventare un istant classic: la parte lenta del tema principale, viene qui resa dagli archi in un lento barocco, che scontrandosi con la parte veloce crea uno scherzo squisitamente quintorighiano. "Stolen moments" di Nelson contiene un'eclatante conferma del talento dei musicisti, che non si accontentano di eseguire assoli melodici, ma riescono pure ad improvvisare delle armonizzazioni! Con Monk si sono invece divertiti a unire due suoi temi, "Well you needn't" e "Think of one", ma al di fuori del jazz stupisce la versione di "Space Oddity" di David Bowie, dove spiccano gli archi che tessono polvere di stelle. I brani originali del primo disco sembrano avere corrispettivi speculari in questo. Ad esempio, "Fuck the bank" sembra corrispondere a "Killing in the name of" dei Rage Against The Machine, dal '91 sempre un grido universale contro tutti i potenti, che qui non perde un briciolo della sua potenza. Altro esempio di brillantezza esecutiva è il difficile 9/8 di Brubeck "Blue Rondo à la Turk", che gli archi rendono come un prog da Mahavisnu Orchestra, però nella fase in 4/4 si opta per un effetto wah-wah. Una decina d'anni fa, un giornalista scrisse che i Quintorigo sono "antipatici". E' un errore di valutazione: il fatto è che quando una stella brilla di luce propria, non chiede il permesso, e se la fissi ti abbaglia. (Gilberto Ongaro)