CESARE DELL'ANNA E GIRODIBANDA  "Guerra"
   (2018 )

Compà! Cesare Dell'Anna & GirodiBanda, progetto attivo da dieci anni, pubblica un nuovo album intitolato "Guerra". Si tratta di una vera e propria banda, che riporta in auge la tradizione della musica di strada del Sud Italia, quella spesso costituita da trombe, tromboni e percussioni varie, partendo dalla Puglia ma raggiungendo Campania e Sicilia, e sconfinando anche negli altri Sud del mondo, stilisticamente parlando ma anche per quanto riguarda i temi affrontati, cantati da tante voci ospiti. "Spustamu st'ambasciata?" ci si chiede in "Trump@, cavallo di ritorno palestinese", che riporta l'attenzione sul mai risolto conflitto israelopalestinese, e sulla controversa decisione di Trump di riconoscere Gerusalemme capitale di Israele, indebolendo ulteriormente la posizione della Palestina, che combatte con "le fionde contro a lu cannone". Pezzo in levare che ricalca armonie mediorientali. L'album però inizia con un pezzo recitato, sopra funerei fiati: "Buongiorno maggio", dedicato ai lavoratori e alle morti bianche. Se inconsciamente vien da pensare ai tradizionali cortei della via crucis, la cosa si fa esplicita in seguito nello strumentale saltellante "Bella Madonna", dove un levare si alterna a una marcia. Non solo politica e guerra: c'è spazio ovviamente per il sentimentalismo, in "Dannatamente bella", con una melodia che ribatte volentieri sulla sesta napoletana, sopra un ritmo reggaeton. Gli incisi di tromba evidenziano i legami culturali fra meridione italiano (e spagnolo, l'Andalusia) e mondo arabo. L'altro brano dove spicca il romanticismo è "Suona chitarra", dedicato allo strumento protagonista di tante serenate, dove la passione per le sei corde diventa quasi folle: "Sembrava che stessi facendo l'amore con te". Un minuto e diciannove secondi per la titletrack "Guerra", che inizia con un pianoforte novecentesco, da cinema muto, che lascia spazio ad una vera e propria fanfara bellica. Oltre ai sentimenti dolci arriva anche la goliardia con "Catarina", un 2/4 come una polka, con la voce femminile che canta di un matrimonio e dell'infedeltà del marito, mentre una voce maschile incalza in siculo delle urla maliziose. Con "Carminuccio" i suoni salgono a Napoli, in una corsa malinconica che però ci porta in Albania, dove è cresciuto appunto Carminuccio, e che però una volta arrivato in Italia "facìa la fame, cu stu guvernu 'nfame". Un reggae palermitano si rivela l'autodedica "Giro di Banda", che celebra la propria musica "cu stu trombone che trase [entra] 'ntro lu core". La "Pizzica di San Marzano" si avvia dopo un minuto di melismi mediorientali. La voce intona sulle tipiche note attorno alla quinta in tonalità minore, ma in questa sfrenata pizzica sono gli ottoni i veri protagonisti. Una tragica storia viene cantata con notevoli quantità di vibrato, in "Oh nero nero", una storia di vendetta con pugnale e di sentenze: "Ci fici causa lu tribunale, la mamma mia era presente, e chiddu infame du presidente a vintun anni mi condannò". Stranissimo intermezzo strumentale "Boris Godunov", che inizia con l'audio di una partita di tennis, e poi la banda si avvia con un tiro rock, e tanto di batteria che li accompagna. Sono diciotto brani quelli presenti, e ancora non è finita la varietà: "Bolero di Aradeo" ci porta ovviamente in Puglia (Aradeo è in provincia di Lecce), ed è una taranta che inizialmente si limita ad imitare la ritmica del bolero, ma dopodiché la Banda esegue il tema del Bolero di Ravel, e conclude con il suo stesso esplosivo finale, alternandosi prima a un'altra strofa puramente salentina. "Matonna te lu mare" rallenta i battiti e ci porta dai pescatori, con tante suggestioni ambientali e una voce che canta con tanta enfasi quasi da spezzarsi in pianto. Tra i tanti viaggi verso sud est, per una volta ci spostiamo a nord ovest, con "Padam Padam", un valzer in francese. Poi però si torna musicalmente nei Balcani con "Mari amari", basato su un rapidissimo levare da Bregović, mentre le parole invece scendono nel Mediterraneo: "Mari amari, se non hai danari, in fondo ai fondali te fanno mori'". Dalla rabbia si passa all'ironia, sempre in levare, de "La sigaretta elettrica": "La sigaretta elettrica sotto alla pala eolica (...) questa canzone etnica con la chitarra elettrica (...) faci lu giamaicano, ma resti sempre paisano". Infine "Opapo" conclude il viaggio portando Cesare e la sua Banda da dove sono partiti, nel Salento. Dopo questo caleidoscopio, non si può non essere ancora convinti delle tante affinità cultural musicali tra i popoli del mondo. (Gilberto Ongaro)