ESTERINA  "Canzoni per esseri umani"
   (2018 )

Nella sua veste vagamente lo-fi ed intimista, quella intrapresa dagli esterina (tutto rigorosamente minuscolo) - quintetto originario del lucchese che consolida con “Canzoni Per Esseri Umani”, quarto album in dieci anni, la propria posizione piuttosto solitaria ed isolata - rappresenta comunque una via intrigante ad un insolito post-pop oscuro, introverso ed autoriale.

Sempre baciati da produzioni illustri nei precedenti lavori (Guido Elmi, Fabio Magistrali, Ale Sportelli), godono in queste otto nuove tracce, rivestite da un alone di mestizia amplificata dal ricorso insistito a tonalità minori, della determinante regia di Marco Lega. Finemente introspettivo, l’album si distingue (sacrificato o esaltato, difficile dirlo) per il taglio vagamente casalingo che ne connota le sonorità da presa diretta e per l’intrinseca intensità degli episodi migliori.

Tra questi figurano sicuramente “Chiamarsi” ed il primo singolo “Santo Amore Degli Abissi”, accoppiata d’apertura emblematica di un’ambivalenza perseguita con ostinazione ed eletta a cifra stilistica: fra cantautorato ricercato (la dimensione prevalente) e sortite in territori indie, “Canzoni Per Esseri Umani” ha dalla sua una formula distintiva allettante ed inusuale.

Uno sviluppo melodico lineare redime il dramma di “Te E Io”; un violoncello sfuggente scuote e sfregia “Più Di Me”; l’andatura sciolta di “Cometa” rimanda ad echi di Management Del Dolore Post-Operatorio con pregevole contrappunto della tromba; “Sì Che Lo Merita”, con la voce di Edda, osa finalmente una stortura disallineata: idee sparse che ravvivano il tessuto di un disco il cui intento rimane in bilico tra intuizione e realizzazione.

La traccia di chiusura, “Esterno Notte”, nobilita l’intero lavoro, sette minuti di una ballata indolente, perfino scarna a tratti, occupata per metà da una frase di chitarra stralunata in graduale crescendo: è una escalation emotiva che tracima in un gorgo denso, pulsante, sfibrante, con un finale che suggella degnamente l’ermetismo desolato del testo.

Un domani potrebbero essere i Sacri Cuori, i Guano Padano, i Calibro 35, perfino dei Nomadi sofisticati, o chissà cos’altro ancora: per ora sono esterina, non assomigliano a nessuno e va benissimo così. (Manuel Maverna)