TANO E L'ORA D'ARIA  "Tano e L'Ora D'Aria"
   (2018 )

Quattro “galeotti” musicali alla ricerca della libertà. Potrebbe sembrare il titolo di un film ed invece è l’ironica definizione, più o meno semi-seria, che si danno i Tano e L'Ora D'Aria, arguto e beffardo quartetto che sa estrapolare un cantautorato caleidoscopico, pieno di verve e di colori in un turbine di graffiante sberleffo. Una cosa è certa: in quest’opera prima ci si diverte, magari un po’ meno rispetto all’e.p. precedente, però va dato atto che i Tano non sono rimasti chiusi in un clichè specifico e, sebbene abbiano rallentato il gioioso mood in tanti pezzi, resta la mordente ironia di fondo che valica ogni confine di dubbio sulla validità dell’album. Un timing tutto da godere, col sorriso e spirito ludico, in una spirale di doppi sensi. Anche qui (come nel precedente lavoro) ci prendono gusto a cominciare il tracciato con richiami solenni gospel, quelli di “Dacci oggi”, per poi evadere in improvvise accellerazioni, trastullandoci in un’onda danzereccia e coinvolgente che fa smuovere i glutei. L’aria saltellante di “Salsapariglia” farnetica ghigni ironici, ed il vocalist-leader Tano s’inerpica in gustosi sberleffi. Altro giro, altro genere: i ragazzi passano al dinamico rock’n’roll di “Il fascino della divisa” con sorprendente disinvoltura, riuscendo ad esprimere ampia freschezza. L’invito, per chi legge, è proprio quello di soffermarsi su questo aspetto, e se coglierete gli aspetti tecnici e ludici più intriganti, arriverete ad inserire la band nella vostra playlist preferita. Inoltre, la band cala un bel tris slow con “Una cortesia”, “Gazza ladra” e “Se non canta il gallo”, testimonianza, questa, della ulteriore capacità di imbattersi in scritture intimistiche e ponderative. Invece, con “I diavoli blu”, i quattro ci spiattellano un verace blues con impatto scanzonato, per porre attenzione sui quei mostri che iniettano in noi pregnante malinconia, ed il tessuto esecutivo è netta espressione di precoce maturità, per una band con appena tre anni d’attività ma con vagiti di canzoni che orbitano dal 2010. Il rien ne va plus tocca a “L’Avocado”, brillantissimo mambo-charanga che ripristina in pieno l’efficace formula dei Tano e L'Ora D'Aria, tra spirito salace-riflessivo e calembour cantautorale, volti a consacrare un debutto eseguito a testa alta, per irridere di situazioni e risvolti di vita, senza risultare dissacranti ma col giusto appeal-burlesque, tanto necessario in un’epoca in cui ci si prende troppo sul serio. (Max Casali)