MUMBLE RUMBLE  "Insidious inside"
   (2018 )

Tanto per cominciare va dato atto che, nonostante il vessillo del rock sbandieri quasi prettamente al maschile, c’è una band tosta che contrasta (da un trentennio) questo strapotere: parliamo delle Mumble Rumble, formazione tutta al femminile la quale vuole abbattere pregiudizi, false convinzioni e scetticismi di sorta che ruotano intorno al rock coi tacchi. E lo fanno con piglio tagliente e convincente, con quell’irruenza necessaria ma ostentata con bilanciata pertinenza ed un sound granitico, inattaccabile all’erosione delle maldicenze. “Insidious inside” è il quarto atto di un’interminabile ed onorata carriera per(le) Nostre energiche bolognesi. 10 nuove tracce con un trade-mark che non conosce usura e che strappa applausi anche ad un certo Jello Biafra (Dead Kennedy’s), non so se mi spiego… Il disco parte con il tribalismo ossessivo di “Intro”, che svela già eloquenti dettagli di viaggio: sinuoso, tortuoso, colmo di paraboliche prese all’impazzata, con lucida paranoia, mentre “Don’t let ‘em take you” ha un impatto acido, con l’abrasiva ugola di Meltea Keller che sfodera “cattiveria” similarmente a Jemina Pearl (Be Your Own Pet). L’ossessivo guitar-work di “Lancillotto” (tipico dei Psychedelic Furs) striscia sotto-traccia, celandosi nei momenti opportuni, atti a dar respiro al contesto. Con “Pandora”, le Mumble Rumble tentano espressioni ballad ma la loro indole non sa resistere al richiamo del rock-noise, ed infliggono fragori che risvegliano l’impatto latente. “Insidious inside” non è solo un trattato di grinta e spinta, poiché sa coinvolgere persino nelle linee passionali, nel glamour criptico ma presente: basterà immergere l’ascolto nell’ampia mappa assemblativa che riservano le ladies con indubbia ispezione. A seguire, “This empty heart” t’inganna con l’inizio sornione ma, girato l’angolo, ecco la puntuale strigliata con irruenti turbinii. Imbottata da un basso possente, risulta “Schicksal”, in cui le chitarre giocano su di esso, cambiando continuamente carattere con stilettate acide. Invece, “A peaceful man and his fucking family” entra con rimbalzanti reverberi, per far gli onori a scossoni d’apprezzabili varianti con vigorosi cambi di marcia. Infine, “Per N.” è un grande pilone sonoro che si staglia su lande miscelate fra wave e noise, con schegge finali di prog che non disturbano: scelta ottimale per chiudere l’opera. Nell’aula di “Insidious inside” sono salite in cattedra quattro maestre del rock, che hanno aggiunto un’altra avvincente pagina al già voluminoso tomo della propria storia: stavolta, però, rilegato finemente in rosa. (Max Casali)