THE LIZARDS' INVASION  "INdependence time"
   (2018 )

Un’INvasione di lucertole vicentine sale sul palco, per raccontarci di un demone INteriore. Il sestetto The Lizards’ Invasion, vivo dal 2011, dopo due EP giunge al primo e vero proprio album, “INdependence time”, che è un concept nel quale le protagoniste sono le nostre INteriorità unite, e come nel nome dell’LP, tutte le canzoni INiziano con il suffisso IN scritto sempre IN stampatello, per sottolINeare la direzione dei testi e dell’INtenzione del messaggio. Le strutture delle canzoni seguono il filone del progressive rock, non quello gremito di arzigogoli rarissimi, bensì quello che valorizza la narrazione, senza dover per forza rINcorrere ritornelli ruffiani. “INtro” è il titolo della prima traccia, ma è una vera e propria canzone, dove veniamo ambientati nell’armonia di un mondo perfetto. “INdividuals” poi ci descrive da vicino gli umani che popolano questo Eden, dove si rispettano reciprocamente, senza volontà di prevaricare l’uno sull’altro. Le due chitarre sono gentili, e senza che ce ne accorgiamo gli accordi seguono percorsi propri senza l’effetto shock. Una strofa sembra fare l’occhiolino ai Police, sia nella ritmica che nel cantato, ma l’elemento che domina l’arrangiamento di questi due primi pezzi sono gli archi di tastiera, che rendono il tutto etereo e parecchio innevato. Non a caso il primo dei tre videoclip (lodevole sforzo di creare un trittico visuale narrativo, tutto collegato), quello per “INtro”, comINcia con una ragazza che si sveglia da una posizione fetale, in mezzo alle montagne bianche. Il secondo capitolo videografico è per “INdividuals”, poi nel disco la terza traccia presenta la mINaccia che rompe l’INcanto, “INsider”, una sorta di demone INteriore che corrompe gli umani con la loro stessa voce, come una sorta di virus esterno che ti manipola la mente e ti fa dire ciò che vuole: “With your lips I could shape my words”. La distorsione delle chitarre gradualmente arriva, accanto a un pianoforte che INdugia sulle note gravi. A fINe traccia arriva la voce simbolo di quella vecchia politica dei muri, che pensavamo morta e sepolta nel 1989, e INvece è resuscitata come uno zombie: quella di Donald Trump. Chiaramente questo mondo raccontato coINcide con il nostro, e non poteva essere altrimenti. E lo diventa esplicitamente con “INvasion”, quarta traccia dove si racconta che sono quei maledetti INsider a trasformare quel mondo ideale nel nostro. Il pezzo fa da colonna sonora all’ultimo capitolo della trilogia video, dove i personaggi degli altri due si INcontrano in uno strano rito. Poi “INterlude”, come “INtro”, è anch’esso un vero e proprio brano, dove la chitarra ritmica diventa acustica, e c’è un INciso melodico INteressante per il suono che lo esegue, generato dalla somma di un fischio vocale, l’arco di tastiera e le note di chitarra. La voce, negli acuti, si comporta quasi con l’enfasi di James LaBrie. Ma tutto questo languore sofferto si trasforma IN festosa allegria con “INdestructible”, con il synth che festeggia e le chitarre funkeggianti sopra un 6/8. L’umanità si ribella a questi demoni, per salvare il mondo, e l’andamento è epico ed entusiasmante. (Un piccolo consiglio amichevole a Edo su questo pezzo, fra tastieristi veneti ci capiamo: assa stare quee trombe de tastiera! Zé mejo n’organo, te ’o digo mi!). L’organo c’è nel pezzo di chiusura “INcredible”, dove le chitarre tessono sINcopi ritmiche che fanno sembrare il tempo composto, quando invece è un 4/4. La voce narrante di gusto watersiano si alterna al canto, e nel fINale ci saluta un canto corale chiaro e positivo. Messaggio sano con musica scritta bene: combattiamo il nostro demone INteriore! E siccome l’unione fa la forza, consiglio ai The Lizards’ Invasion di conoscere i Magnolia, che sono davvero affINi, con il loro combat prog, nonostante il canto IN italiano (vedete http://www.musicmap.it/recdischi/ordinaperr.asp?id=5910) (Gilberto Ongaro)