PLYXY  "Gloryland EP"
   (2018 )

Innanzitutto complimenti per il nome d’arte scelto da Ros Knopov, Plyxy. Al di là del possibile significato, ha una sonorità ma soprattutto una forza a livello visivo, tale da caratterizzare fortemente la proposta artistica. Un po’ come un altro artista underground, che si fa chiamare Zilty. Plyxy proviene da una superpotenza ed è emigrato in un’altra superpotenza: dalla Russia sovietica agli Stati Uniti. Il passaggio è avvenuto in un anno particolare: il 1989. E questo esordio discografico del 2018, “Gloryland EP” (appena uscito per Hallow Ground Records), è un tuffo nei ricordi d’infanzia, privo però di nostalgia. Essere bambini nell’ex URSS non era facile, e nella sua ricerca sonora Plyxy cerca suggestioni sonore ambientali con un piglio scientifico, non romantico né retorico. La prima delle cinque tracce, “It will be beautiful”, parte con l’arrivo di una mosca, con la quale voliamo a mezz’aria verso il succo del contenuto principale: distese di suoni di field recordings, e sintetizzatori modulari per una texture onirica. Qui, ma ancora di più nella titletrack “Gloryland”, gli ambienti sono come una cappa opprimente di nebbia umida, contenuta in una gigantesca vasca d’acciaio. I soffi d’aria ambientali sono costanti, e si fondono con gli impulsi analogici gassosi. Con la terza traccia, dal titolo significativo “Ungod”, sprofondiamo negli abissi per due minuti, con loop di suoni molto gravi, che a metà traccia vengono interrotti. Cambiamo scenario per finire fra movimenti di pacchi ed attrezzi, assieme a voci che si parlano sullo sfondo. Con “KatYusha” l’elemento sintetizzatore si rende più esplicito, con suoni di tastiera sempre bagnati. Evoca panorami come quelli di “Stalker” di Tarkovskij. Infine arriviamo a “March of youth”. Questa marcia della gioventù è ottenuta con un pattern sincronizzati, e il click dell’attacco dei suoni crea un ritmo costante. Sopra questo battito, continuano le distorsioni dei suoni ambientali, che dopo tre minuti si bloccano repentinamente, abbandonandoci ad altri loop elettronici abbaglianti. Ma è una pausa momentanea: i battiti torneranno sempre più violenti e tonanti, così come i suoni sovrastanti. S’arresta improvvisamente, una volta raggiunto il massimo livello di distorsione. Grigiore e profondità sono gli elementi base di quest’elettronica ambientale, dapprima registrata solo su cassetta a inizio anno, ed ora uscita in vinile. Una testimonianza sonora sintetica e molto più efficace, di tanti verbosi racconti. (Gilberto Ongaro)