MONJOIE  "And in thy heart inurn me"
   (2019 )

William Blake, John Keats, William Wordsworth sono i poeti che ispirano il quarto lavoro dei Monjoie, che in 15 tracce creano armonie, atmosfere e un intimo pathos tra le liriche inglesi e la musica. “And In Thy Heart Inurn Me” è un marchio sulla pelle di Alessandro Brocchi (voce e chitarra) che si avvale della collaborazione di Daniele Marini (tastierista degli OGM), Davide Baglietto (flauto, ocarina, tastiere, piano e organo), Valter Rosa (chitarre) e Alessandro Mazzitelli (basso, tastiere e sintetizzatori) nel dare vita ad un album dalle diverse influenze sonore e stilistiche. Le musiche di un “cuore che custodisce le ceneri” sono elevate ed esaltano lo spessore di versi antichi ma sempre attuali già a partire dalla opening track “The World Is Too Much With Us”, le cui note sono delicate a sostegno di una vocalità calda ed empatica. “I Cannot Exist Without Youl” segue la scia della traccia precedente ma suona con meno enfasi, mentre “Ah! Sun-Flower”, con il suo piano cadenzato a sostegno di una voce quasi annoiata, sembra un valzer ubriaco che nel suo incedere cresce di intensità fino a cedere il passo a “London”. Il richiamo al cupo grigiore e alla nobile compostezza della capitale inglese si snoda tra fiati e tastiere, sostenuti da una batteria mai sopra le righe a dispetto di una vocalità crescente nei toni. “The Human Abstract” porta con sé atmosfere medievali e madrigali grazie al flauto, al violino e alla giocosa coralità, mentre sonorità malinconiche, funeree e angoscianti si impadroniscono di “A Slumber Did My Spirit Seal”. “The Day Is Gone” e “You Say You Love” sono la sezione centrale di un disco la cui intensità non viene mai meno e cresce con “Sick Rose”, mentre “Daffodils” sembra partire in sordina tra piano e voce ma il suo fluire scalda il cuore dell’ascoltatore. “Introduction”, con il suo arrangiamento minimale, è forse il brano più debole o comunque quello che richiede maggiore ascolto per essere compreso e interiorizzato, al contrario del pathos generato da “To Sleep”, melodioso e sognante al tempo stesso. “Never Seek To Tell Thy Love”, “O Solitude!” e “Auguries Of Innocence” chiudono un lavoro il cui unico limite potrebbe essere la sua durata complessiva. “And In Thy Heart Inurn Me” non è un album usa e getta ma una lunga emozione da ascoltare, leggere, saper capire e interiorizzare nella complessità delle sue liriche rese fluide da arrangiamenti privi di virtuosismi ma ricchi di pathos. (Angelo Torre)