BUCKWISE  "Turning point"
   (2019 )

Se il banjo incontra i suoni elettronici nordici, nasce una formula indie-folk che caratterizza i Buckwise. Il loro disco “Turning point” contiene 8 canzoni, in cui ascoltiamo il risultato di questa curiosa scelta: un sound dove convivono, valorizzandosi a vicenda, il suono caldo della campagna degli Stati Uniti, con i freddi timbri delle metropoli europee. Su tutto questo, la voce canta con una vena tra il sarcastico e il malinconico, che nella titletrack ricorda vagamente quella di Asaf Avidan. L’umore generale è quello sperduto di questi tempi, come esplicitato nel pezzo “Lost”. Tra gli arpeggi di banjo e chitarra elettrica, che dialogano con quelli synth di “I’ll begin”, si vagheggia una condizione di cambiamento, ma non si arriva mai a definire che cosa sta cambiando. E’ tutto fumoso, come i nostri giorni; l’unica certezza resta quella del silenzio, infatti il pezzo strumentale “Freedom district” risulta il più efficace. Non perché la voce sia malvagia, anzi. Però proprio il farsi prima ascoltare, pronunciando parole criptiche, per poi non presentarsi mentre si crea l’attesa, è l’operazione più efficace nel cercare appunto “il quartiere della libertà”. La ritmica a inizio disco è abbastanza serrata; con “Due” i battiti rallentano, per un’elettronica che gioca sui glitch. L’atmosfera rende quella dolce malinconia ironica dei finali della serie “Scrubs”. Con “Fall down” entriamo in un club Arci, con le sedie di bancali e le lampadine a led colorate, per stringersi con il/la proprio/a partner in una ballata sia energica che serena. Ed infine usciamo dal club per andare in spiaggia e facciamo il bagno di mezzanotte, con “Summer sun” su battiti dritti per ballare. Perché in fondo, se l’attualità è mortificante, nell’attesa di trovare una risposta alle domande più grandi di noi, non resta che vivere i momenti comuni di gioia. Come ironicamente consiglia il videoclip di “Jasper”, la canzone d’apertura dell’album. Il protagonista vive solo, lavora annoiato tutti i giorni al supermercato, e la sera per svagarsi ingerisce strane pillole nere che lo fanno rinvigorire. Sembra droga, ma alla fine si rivela che le pastiglie hanno il logo dei Buckwise. Così si propongono: un antidoto colorato al grigiore della quotidianità, con musica leggera che esorcizza le malinconie in un mix di energia sintetica e calore strumentale. (Gilberto Ongaro)