UPANISHAD  "Crossroad"
   (2019 )

I fiorentini Upanishad sono gente che ha alle spalle quasi vent’anni di storia, passione, fiducia e volontà, roba che non si cancella con un colpo di spugna o con un’alzata di spalle.

Artisti così meriterebbero rispetto e considerazione a prescindere, se non altro per averci sempre creduto, al di là dei cambi di formazione, delle pause, dei rischi concreti di scioglimento, dei molti palchi calcati e delle aspirazioni mai infrante, nonostante tutto.

Oggi stabilmente in trio – con il bassista Mirco Bazzocchi ad affiancare i due storici fondatori Vanni Raul Bagaladi e Lapo Zini -, tornano con le undici tracce di “Crossroad” su etichetta Red Cat Records, proponendo la consueta estrosa miscela di generi e sottogeneri amalgamati in cinquantatre minuti sostenuti e fragorosi.

Degli undici episodi che compongono l’album, otto superano i cinque minuti di durata: l’intero lavoro dà l’impressione di essere – come dire? - la summa di un’intera carriera. Una cosa del tipo: buttiamoci dentro tutto, che non si sa mai. Il gioco riesce per larghi tratti, e al di là di qualche comprensibile sfumatura di legittimo autocompiacimento, a sorprendere è la versatilità con la quale i tre approcciano materiale tanto eterogeneo, ben prodotto ed assemblato con una scrupolosa attenzione per sonorità ed arrangiamenti.

Psichedelia variegata, accenni stoner (ascoltare – prego – l’opener “Look at you”), rock d’antan, perfino tropicalismi (“Parasite”) e disparate altre istanze si fondono in un caleidoscopio che sa incantare nei suoi molti trompe-l’-oeil, dal brioso funk sottotraccia à la RHCP di “The river” all’incalzante strumentale noir di “Spikes trap”, dalla muscolare bordata elettrica di “Connected” alla tirata à la Living Colour di “Feelings”, fino alle tentazioni prog di “This room” o della conclusiva “No way out”.

Il risultato è una gradita disomogeneità che accosta elementi in apparenza inconciliabili, ma che nel complesso regala un ascolto mai meno che piacevole, affatto prolisso nonostante la corposità, emblematico dello spirito indomito di questa ammirevole band di avventurieri. (Manuel Maverna)