STALE STORLØKKEN  "The haze of sleeplessness"
   (2019 )

Membro, fra gli altri, dei Supersilent e dei Motorpsycho, il compositore e tastierista norvegese Ståle Storløkken pubblica un nuovo lavoro solista, “The Haze of Sleeplessness”, appena uscito per la storica e prestigiosa Hubro Records. Qui emergono le esperienze nel jazz d’avanguardia e nel rock psichedelico, che convergono in un percorso personale che riecheggia i mondi soffici e dilatati di Vangelis e Tangerine Dream. già a partire dal primo brano, “Prelude to the Haze of Sleeplessness”, dove suoni distesi e gravi creano un’atmosfera statica e vagamente lisergica, con suoni vibranti che ricordano il tremolo della chitarra, e un suono melodico morbido, sostenuto da rimbombi di echi quasi vocali (inquietanti). Nonostante il titolo si riferisca alla foschia dell’insonnia, lo straniamento onirico è garantito, da qui in avanti. Leggendo il seguente nome “Orange drops”, viene da fantasticare in anticipo, prima dell’ascolto, come Ståle renderà queste “gocce d’arancia”. Ebbene, opta per una pioggia di suoni percussivi metallici e brillanti, dapprima anarchici, poi organizzati in arpeggi, sopra i quali piange un suono decisamente “ossigenato”, pensando a Jean Michel Jarre. La particolarità del disco emerge con la terza traccia, “Reality box”, che più che una traccia, è la presentazione di un elemento che poi sarà ricorrente nel seguito del percorso. La “scatola della realtà” alle orecchie appare come una cassetta di legno percossa. Ad ogni colpo, corrispondono note di carillon, che inducono a pensare che il rumore sia ottenuto dai meccanismi del carillon stesso, riportati in maniera microscopica. Il lungo titolo successivo è una dedica alla madre: “Stranded at Red Ice Desert. Remember your loved ones (in memory of my dear mother)”. Qui, i suoni della Reality Box sono bagnati dall’eco. Un basso pulsante e tagliente accompagna una straniante melodia flautata e ipnotica. Suoni distorti arrivano ad intensificare la tensione. Questi suoni, giunti verso la fine del pezzo, continuano la loro opera corrosiva in “Turbulence”, diventando il centro stesso della breve traccia, accompagnati ancora dal legno della Reality Box, che però si è inceppata: c’è solo il legno, ma non più il carillon, per poi non tornare più definitivamente. Ora resta solo qualcosa di malsano nell’aria, in “Skyrocket hotel”, che ci immerge in un panorama cyberpunk. Da quest’albergo spaziale, atterriamo poi nella “Nitro Valley”, epilogo della narrazione musicale. Siamo lasciati ad indugiare fra disturbi e pattern in mezzo al silenzio ed alla solitudine, per qualche minuto. Lo sviluppo è lento, e rivela gradualmente una vivace base pulsante, con sopra un lead elettrico solenne. Questo di Ståle Storløkken è un gustoso viaggio celestiale, e posso provare sulla mia pelle che ha effetti curativi: avevo 38,4 di febbre a inizio ascolto, e alla fine ero a 36,7. Keyboards power! (Gilberto Ongaro)