PEREIRA  "Mascotte"
   (2019 )

“Indie pop tropicale”. Si definiscono così i Pereira, che nel loro album “Mascotte” ci presentano 9 canzoni immerse in un dream pop caratterizzato da chitarra col chorus e melodie cantate in maniera soffice. E’ una scena diffusa sottovoce nell’underground: i Pereira sono affiancabili a gruppi come i Senhal e i Pulsatilla. Dal primo titolo già siamo ambientati al mare in vacanza: “Ciabatte galleggianti”. Le parole sono particolarmente curate, nelle loro visioni placide: “Prendi un bicchiere di sogni leggeri, e una moca dei tuoi pensieri”. La tranquillità di accordi di settima maggiore ci culla in “Klimt”, dove ironicamente si utilizza il campo semantico della battaglia: “Passano mode e rivoluzioni accadono. Ma già lo sai, combatterei per averti lì con i miei, a studiare il cielo in una notte, esplorare le tue calze rotte. Ho perso la pazienza di vedere i tuoi ricci con la notte svanire, senza una giustizia che potesse mai intervenire”. Cori in falsetto accompagnano il ritornello di “Amore a bottoni”, dove si avvia un romanticismo marpione: “Spogliati di quel velo soffice, che nasconde la ragione per cui mi hai già in questa città, che il nostro amore cullerà”. L’intensità soft continua anche in “Studio in rosa”, ma la batteria compie movimenti più agitati. Le tastiere zuccherose di “Untitled” addolciscono parole più malinconiche: “Io lo so, mi trascinerai nell’oblio in cui mi lascerai”. Ma con “Comic sans” torniamo nelle coordinate sensoriali di prima, su musica dal delicato groove: “Scaldo un po' di tè nella tazza, così mi sveglio un po’; io non trovo più una ragione per uscire dal mio balcone, che dà sulla realtà che vedo, fatico e sono un po' cieco, quel rum mi guarda ed io ricambio (…) Mi prendi stanotte, perché non hai sonno ed io ho già freddo, ricambio la corte e mi ritrovo nel tuo universo”. “Abbraccio d’asporto” ha un riff di chitarra vagamente country, e sembra la sigla di un telefilm anni '70 con Tom Bosley! Le parole ancora sanno giocare: “Ma quando le luci di casa accenderanno me, mi avrai portato via dalla solitudine, parole di conforto e un abbraccio d'asporto, per ritrovare ciò che hai perso”. Gli arpeggi di piano elettrico si fondono bene con la chitarra effettata di “Pastasale”: il risultato è un suono che sarebbe valorizzabile da un videoclip di Francesco Lettieri, di quelli vintage in pellicola come quello per “Pesto” di Calcutta. E via con la stimolazione sensoriale: “Ti ho già visto nella notte, favole di pastasale dal sapore di medicinale, sbriciolate già dalla mattina. Le paure cosmiche si infrangono con il muro del tuo sospiro”. “Sipario” chiude, appunto, il sipario dell’album, con l’ultima ventata morbida e un congedo languido: “Forse ho pianto un poco tanto, ma ora sono proprio stanco, e le parole stridono come dita ingessate sul tuo cielo”. I Pereira ci introducono in una musica mite e ventilata, ed anche i testi sono modellati per essere fatti di brezza. (Gilberto Ongaro)