TREEHORN  "Golden lapse"
   (2019 )

E’ una martellata in piena fronte “Golden Lapse”, rentrée del trio cuneese Treehorn a ben undici anni dal debutto assoluto con l’ep “Amine” e ad otto dall’esordio lungo di “Hearth”.

Co-prodotto da un nutrito pool di etichette, raccoglie dieci tracce che dispensano furia e fragore, condensati in un assalto ininterrotto a base di molto noise, strutture math, sentori di grunge incattivito e tutto quanto possa rientrare tra gli spigolosi confini di questa musica soffocante ed oscura.

Tra le maglie di brani tesi fino allo spasimo ed avvolti in un fitto reticolato di tempi indocili non filtra spiraglio di luce alcuna: l’apertura assassina di “The recall drug” procede mitragliando su un impianto che lambisce il thrash metal, ma vira all’improvviso su un rallentamento sbilenco ed una girandola di variazioni ritmiche, le stesse che scuotono dalle fondamenta l’ingorgo psicotico di “Virgo, not virgin” o l’accelerazione à la Motorhead di “The same reverse”. Tra vestigia di Alice In Chains/primi Soundgarden (“A shining gift”), agonizzanti trame maniacali degne degli Helmet (“Hell and his brothers”, “Damn plan”), sporadiche concessioni ad accenni di accessibilità (“Modigliani”) e perfino echi del Reverendo più autentico e meno teatrale (magistrale la cadenza ossessiva di “Onlooker”), vanno in scena fino al convulso epilogo sgolato di “Coward icons” trentacinque minuti di irrequieta tetraggine, compatta e funesta quanto basta a definire un album che farà la gioia dei non pochi adepti che – in musica – campeggiano sul lato buio della luna. (Manuel Maverna)