THE JUNCTION  "Dive"
   (2019 )

Quando una band approda al disco d'esordio, il più delle volte dopo essere stata rinchiusa in sala prove per mesi o addirittura per anni, butta sul disco tutte queste esperienze, le ore passate a levigare il proprio sound e la propria proposta. E' una catarsi, in un certo senso, o più semplicemente un approdo. Poco più della metà delle band approdate al disco d'esordio giungono poi al 2° full lenght: un po' per lo scarico nervoso susseguente al primo disco, un po' (soprattutto) per una certa qual delusione per i risultati ottenuti, il più delle volte sconfortanti rispetto alle aspettative (si calcola che solo il 10% delle band ottenga con il disco d'esordio un ascolto superiore ai 150-200 ascoltatori totali), portano al fatto che una buona fetta dell'entusiasmo iniziale si sia perso più o meno rapidamente per strada. Poi ci sono quelli "tosti", quelli tenaci, quelli che vanno avanti come treni, anche se il successo sperato (e, molto spesso, meritato) non si è ancora fatto vedere, e forse non si farà vedere mai. Quelli indefessi, instancabili, assidui, dotati di immenso coraggio ed abnegazione. Quelli che arrivano al terzo disco (e poi al quarto, quinto, sesto...) in barba a tutto e a tutti. Quelli che litigano con fidanzate, mamme, parenti ed amici. Quelli che nessuno capisce perché insistano a "perdere tempo". Quelli per i quali proseguire il proprio cammino musicale è semplicemente una necessità, esattamente come mangiare o respirare. Tutto questo per dire che i padovani The Junction, giunti qui al 3° disco in carriera, non hanno ancora ottenuto il successo che meritano. Sia chiaro: il loro seguito ce l'hanno eccome, gli addetti ai lavori sanno bene in cosa consista la loro proposta punk, ma il successo "vero", quello che ti fa canticchiare dalla massaia di Avola come dall'elettricista di Feisoglio, questi tre ragazzi non l'hanno ancora assaggiato. Ma, presumibilmente, gliene frega poco. Come si diceva poc'anzi, per loro proseguire a testa bassa è semplicemente una necessità, esattamente come mangiare o respirare. Già questo ce li renderebbe simpatici: ma c'è dell'altro. C'è che questo "Dive", arrivato a 4 anni dal sophomore "Hardcore summer hits", e quindi dopo 4 anni di studio e maturazione, è semplicemente un gran bel disco, che spinge il loro garage punk verso lidi diversi, spesso oscuri e "in minore". C'è, soprattutto, che alcuni sofferti cambi di formazione hanno donato ai nuovi Junction un approdo verso una maggiore varietà di argomenti ed ambientazioni, compreso un inatteso brit rock (che sbuca qua e là tra le consuete distorsioni e le usuali cavalcate elettriche) ed anche argomentazioni politiche, contesto questo abbastanza inusuale per i 3 combat rockers. "Niki Louder", "Far Away" ed il singolo "Die Alright" sono per chi scrive gli episodi più ispirati del lotto: ma è, in effetti, l'assoluta compattezza degli 11 episodi che compongono il disco la notizia più bella in proiezione futura. Qui non c'è un momento di pausa né di annebbiamento, siamo in presenza di un disco vero, energico e che fa pensare. Di quanti dischi odierni potreste dire altrettanto? (Andrea Rossi)