BRILLA  "La tuta di Goldrake"
   (2019 )

Spero di non sbagliarmi ma da un po’ di tempo ho la sensazione che si aneli la volontà di un ritorno all’epoca ispirata del cantautorato nostrano. Non che si possa pretendere che sfocino nuovi Battisti o De Andrè, però circola una bella aria di far rifiorire il tutto. (Andrea) Brilla innesta il suo onesto contributo alla causa con il suo primo album “La tuta di Goldrake”, dando seguito all’omonimo e.p. di tre anni fa. L’introduttiva “Non siamo vergini” è fluido e baldanzoso pop che incalza con una certa dinamicità e che, in qualche passaggio, rimanda a Calcutta. Invece, “Jasmine” è un’ondeggiante ballad che sembra uscita dalla penna di Tommaso Paradiso, con ricami stilosi e sognanti. Uno dei due singoli estratti, “Quel senso di sete”, ha l’aria soffusa con un loop estraniante, che conduce il brano fino ad un finale intenso ed esplosivo, mentre l’altro è “Gennaio” che ama trastullarsi su allestimento ludico e sbarazzino, come si riscontra nello spassoso video, tra incursioni in doccia e girate di minestrone con la chitarra (!). Tanto per non prendersi troppo sul serio, ogni giorno ci invita ad indossare “La tuta di Goldrake” per trasformarci in super-eroi e contrastare inciampi e traversie di vita, e Brilla dedica tutta la sua visceralità espressiva dentro uno schietto inno alla resilienza. Poi, sfoggia il country-pop di “A merenda un pugno di chiodi”, che fa battere il piedino con disinvolta sfrontatezza, al pari della conclusiva “Ferite”, mentre la bella tradizione cantautorale che si prefige di perorare, viene ben rappresentata da “L’ansia e l’università”, con ottime pennate di chitarra acustica, creando un mood che esalta l’efficienza degli innesti sonori. Insomma, “La tuta di Goldrake” …Brilla a prescindere, poiché non lancia la pretesa di rivoluzionare lo spartito ma riserva, semmai, il garbo di far trasparire un nobile intento cantautorale, mirato al recupero di una scrittura che riporti ottimismo e fiducia verso gli artisti di casa nostra. (Max Casali)