LARGE UNIT FENDIKA  "Ethiobraz"
   (2020 )

D’accordo… Scrivo questa recensione!

E’ da un mese che tergiverso, il direttore di Music Map, anche se non me l’ha ancora detto direttamente, manda delle vibrazioni che sento a km di distanza. Negative, intendiamoci.

Qual è il problema? Qual è il maledetto problema con questo disco…? Sempre che di disco si possa ancora parlare nell’era dello streaming.

Il problema è che mi trovo dinnanzi a una delle opere più intense in cui sia mai fortunosamente incappato. E ho paura. Ho una paura fottuta di non riuscire a trasmettere la magia dirompente e autentica che ogni singola traccia sprigiona alla banale pressione del tasto play.

Non mi interessa raccontarvi la storia che c’è dietro l’incontro tra i Large Unit del norvegese Paal Nilssen-Love e gli etiopi Fendika, per quello c’è Google o le leggende. Quello che voglio dirvi è che appena schiaccerete il tasto play verrete trasportati in un altro luogo.

Questo disco è un viaggio. O un miraggio.

Non lo scrivo per il gusto di scriverlo. Questo disco è di una potenza talmente MONUMENTALE che quando ho deciso di affrontarlo mi sono trovato nel deserto, esausto, accaldato, di fronte ad un portone immenso, intarsiato, legno, gemme preziose.

Era calata la sera e la carovana di cui facevo parte ha ottenuto il permesso di entrare nella città di Ethiobraz. Non so cosa stessero festeggiando, forse nulla, forse l’esplosione di profumi, colori, rumori che mi assaliva era la norma in un simile luogo. Di sicuro non avevo mai sperimentato nulla di così inebriante.

Chiamatela world music, chiamatelo jazz, chiamatela dance… Chiamatela come volete, ma ascoltare ''Ethiobraz'' è come finire in un mercato popoloso, incasinatissimo, straripante di suoni, di cavalli, di suonatori di strada… Vendono di tutto, animali, donne, jazz, spezie, cibo, strumenti di ogni genere…

Questo disco (uscito per PNL Records) è un trip assurdo, fantastico, se lo ascoltate cucinando vi troverete a farlo danzando, se state scrivendo al pc sentirete la stessa necessità di danzare. O di piangere.

La potenza di questo disco risiede nella sincerità che lo impregna. Non capirete una parola, a meno che non conosciate le lingue etiopi, ma i canti che rimbalzano sulle poliritmie di cui è disseminata ogni traccia vi ammaleranno il sangue e sentirete la mancanza di luoghi in cui non siete mai stati.

Se non avete familiarità con la world music, lasciate che ''Ethiobraz'' sia il vostro primo disco di world music: vi attraverseranno mille persone, mille luoghi, mille e una nota, un tumulto emotivo rappresentato da musicisti intrisi di un talento sublime, sconfinato come la corsa di una mandria di bufali, rutilante come il fuoco in un campo nomade, sfacciato come il vino che trabocca da un boccale di rame sbattuto sul tavolo per accompagnare il chiasso e le risa degli avventori.

Ethiobraz è un luogo da visitare almeno una volta nella vita, è un’esperienza che va fatta, è un meraviglioso incontro di anime luminose come la luna.

Quando alla fine della festa arriva Tezeta, l’ultimo brano, la più bella donna del mondo, è tempo di abbandonare la città; gli strumenti mentre si accordano e mi salutano sono dolenti come le sensazioni che risuonano in me, qualcosa mi dice che ho perso la bussola, il contatto con la natura più profonda della madre terra.

Riparto, lasciandomi dentro una solitudine devastante, l’intuizione di un mondo che ho mancato chissà quando, chissà dove.

Sarei voluto rimanere, diventare uno dei racconti di Ethiobraz, ma rimane ancora un bicchiere, forse due, una finestra da cui guardare… e il tasto play. Tezeta. (Alessio Montagna)