PORN  "No monsters in God's eyes – Act III"
   (2020 )

Mi servirebbe spazio, ma non ho pagine e pagine a disposizione, non è un saggio breve.

E’ il disco della settimana, non un romanzo.

Un romanzo come “Contoyen”, che Philippe Deschemin ha scritto qualche anno fa, così per gradire.

Philippe Deschemin che ha studiato psicologia e sociologia e che, così per gradire, è il fondatore, cantante e frontman di una band il cui nome è un riferimento a “Pornography” dei Cure (coi quali musicalmente non hanno alcunchè da spartire o condividere, tetraggine a parte), una band chiamata Porn.

I Porn che sono un quartetto francese, da una ventina d’anni in giro per il mondo a spargere il proprio seme nero in un sottobosco di demoni senza angeli.

I Porn che, così per gradire, non sono la sola occupazione del Nostro, il quale ben figura anche nel side-project An Erotic End of Times, duo che finì in gloria su queste stesse pagine nella classifica dei migliori album del 2017.

E sempre per gradire, visto che rifugge ogni linearità, Philippe si è pure inventato un alter-ego che ha chiamato Mr. Strangler, un po’ un Mr. Self Destruct 2.0.

Lasciati sullo sfondo i Porn dei primi quattro album, sulla scia della trama di “Contoyen” ha quindi ideato una trilogia con Mr. Strangler come protagonista: “The ogre inside – Act I” (2017), incentrato sulla nascita del personaggio e sulla sua lotta interiore contro il Male, che vince sempre; “The Darkest of Human Desires – Act II” (2019), nel quale Mr. Strangler dà pieno sfogo ad ogni sua pulsione negativa in un sabba di sordida ferocia assassina; ed infine – eccoci – il qui presente “No Monsters in God’s Eyes – Act III” (Echozone/Les Disques Rubicon), capitolo conclusivo della saga nel quale il sanguinario pluriomicida si confessa mentre, in cella, aspetta l’esecuzione capitale.

Così per gradire, Philippe ha anche deciso di cambiare referente per il mastering: non più Tom Baker (quello – per intenderci – dietro “Antichrist Superstar” o “The downward spiral”, per dirne due), bensì Brian Lucey (già al lavoro con Marylin Manson e Ghost, ma anche con Depeche Mode e Royal Blood).

Ora, i dischi a tema – confiteor – non mi piacciono, ma ho un trucco che uso per superare l’impasse: fingo che non lo siano.

Pertanto, mi perdonerete sia voi che il mefistofelico Philippe se considero “No Monsters in God’s Eyes – Act III” semplicemente come un gran disco di gothic-rock, slegato dalla narrazione sequenziale. Ha venature metal, sfumature industrial, un piglio sempre vagamente macabro, malsano, rigonfio di tutto un immaginario ben poco raccomandabile che incornicia tredici pezzi soffocanti ed un’ora tonda di musica oscura e plumbea.

Pervaso da una drammaticità palpabile e rivestito di una fosca afflizione, spazia da momenti di introverso intimismo (il crooning sofferto di “In an endless dream”, il baritono cavernoso di “Some happy moments” che evoca lo spettro del demone vivente Andrew Eldritch) a bordate apocalittiche come quelle dispensate dagli accordi secchi e tesi di “Among dark red roses”, sette minuti che farebbero innamorare Carl McCoy, i cui Fields Of The Nephilim sono fra i numi tutelari riconosciuti dei Porn, nonchè tra i miei sogni ricorrenti.

Intransigente e oltranzista senza concessioni o ammiccamenti, l’album dispensa la marzialità mansoniana dell’opener “Dead in every eyes” col suo chorus imperioso, le rasoiate minacciose à la Rammstein di “High summer sun – part 1”, il rallentamento catacombale di “Lovely”, la ballad dolente di “Low winter hope – part 3”, le atmosfere decadenti di “High summer sun – part 2”, e ben poco importa che ciò significhi rinunciare ad una qualsiasi stilla di originalità nel nome della fedeltà alla linea.

Il testamento è racchiuso nei tre minuti di “Mr. Strangler’s last words”, recitativo che chiude un album ove tutto è così splendidamente definitivo, compreso il colpo di pistola che pone fine al supplizio di Mr. Strangler.

Burn the world down! Uno sparo. Poi, il nulla.

Così, per gradire. (Manuel Maverna)