THE GIGAHERTZ  "Queen of blow"
   (2020 )

I GigaHertz sono una brava rock band veronese, che riesce a riportare in auge un sound solitamente sentito negli anni ’70 e ’80, risultando però musicalmente credibile. Come presi da una macchina del tempo, sembra di sentire i nuovi Lynyrd Skynyrd o i Boston, non solo per il sound strumentale ma anche per la voglia di cantare i ritornelli in coro, evocando la situazione da arena, atmosfera esplicita in “Wake up stand up”. Nel loro album “Queen of blow”, si sente il classico hard rock (“Rock will be your drug”, “Smiters and fighters”), sprazzi di southern (“Relationship with rhythm”), un country elettrico (“Jam session road”), dove il tastierista gioca con hammond e pianoforte in un risultato da rock acrobatico, da ballare freneticamente su pista a scacchi. Qui si sente il ripasso dello standard armonico del rock’n’roll (per i musicanti: I I IV I V IV I) e, come da tradizione, il disco finisce con le ballate che iniziano con la chitarra acustica (“Rock and love night” e “I wanna see you born again”). L’introduzione di “Blowing up the brain” è un arpeggio lento di chitarra, che ricorda pezzi storici degli Scorpions, ma poi si trasforma in una delle tante corse presenti nell’album, dove ruggiscono le chitarre. La vetta musicale, testuale ed emozionale dell’album è senza dubbio “A shotgun blast”. A sorpresa, il brano ospita una tromba funerea, richiamando sentimenti westernati, sull’incedere cadenzato della batteria. Le parole denunciano, come è sempre giusto ricordarlo, le storture della società umana, che conduce sempre al trionfo della guerra e dell’odio verso le “foreign lands”: “Hate preveals over everything”. Per queste parole, è chiara la buona fede dei ragazzi. Parlo di buona fede, perché la titletrack “Queen of blow”, musicalmente interessante, con un’intenzione heavy da Iron Maiden alle chitarre che si trasforma in un drammatico lento per pianoforte, si rivela però una predica alle ragazze che si “svendono” troppo facilmente, come preannunciato nel comunicato. Non contenti, i GigaHertz portano le bambole gonfiabili sul palco come “provocazione” contro la mercificazione del corpo. Nel 2020, noi maschietti eterosessuali, dovremmo smetterla di dire alle donne come dovrebbero comportarsi. Quei loro atteggiamenti ammiccanti sui social network, altro non sono che l’avamposto dell’emancipazione evocata proprio dal rock, fin dalle tette in mostra di Grace Slick. La malizia sta nei nostri occhi, e la cosa più rock invece è sorridere e lasciare le donne libere di spogliarsi, sia fisicamente che anche dai ruoli che, involontariamente, imponiamo loro ancora oggi. I GigaHertz suonano benissimo e spaccano i culi, e un loro concerto dev’essere spettacolare, e può finalmente indirizzare i giovanissimi in una direzione di qualità. Giusto l’invito ad abbassare i cellulari e vivere il rock nel momento reale. Ma, ve lo dico con affetto, se volete davvero “go back to your origins” del rock, lasciate le paternali ai trappers ;) (Gilberto Ongaro)