DEAD VENUS  "Bird of paradise"
   (2020 )

Il primo album del trio svizzero di progressive rock Dead Venus, Bird of Paradise, è il prodotto di quattro anni di duro lavoro e di una moltitudine di idee, attitudini e stili vivacemente sintetizzati in un disco brillante ed energico, un discreto biglietto da visita per una band che ha saputo rinnovarsi costantemente sin dalla sua nascita.

In Bird of Paradise i Dead Venus non scendono a compromessi. Sin dall’inizio del disco non temono di dedicarsi a un genere, il rock progressivo, e a tematiche, paura, coraggio, dolore, amore, impegnative. Nella title track, per esempio, troviamo un messaggio di speranza e di gioia che rappresenta tutta la convinzione e sincerità che il trio mette in ogni singola nota: “È nel tuo cuore, amico”, traduco, “nella tua anima, lo percepisco, che troverai i colori del mondo”. Il disco si apre con una dichiarazione d’intenti chiara. Ma i colori del mondo dei Dead Venus non sono troppo chiari, vivaci. Sono spesso colori freddi, malinconici. Di tanto in tanto si aprono a felicità inattese, cullate da sempre ma solo sognate, che all’improvviso si manifestano e diventano vere. Il disco si apre con una sorta di intro che sfocia nell’aggressiva title track, combattiva e vivace. Momenti del genere, che alternano una calma meditativa a uno sfogo gridato, umano, si trovano spesso nel disco, come nel susseguirsi di “Valediction” e “The Beauty”.

È un incrocio di generi e temi, quello che i Dead Venus offrono, che sa rinnovarsi nel corso del disco stesso. Influenze del prog dei ‘60s e dei ‘70s si rintracciano ovunque, ma troviamo anche riferimenti al math rock, al glam rock, persino alla new wave, e poi ai Television, per non parlare di alcuni episodi che guardano più al metal che al rock, come l’ottima “Kiss of the Muse”, qualcosa che sembra provenire dalla penna di Tom Verlaine ma che viene traslato di genere, un brano spietato e crudissimo nella sua resa.

In questo intricato pentolone di citazioni, appunti, sperimentazioni non deve passare inosservata la nonchalance con la quale la band si muove. Tutti gli strumenti e la voce risultano prodotti e arrangiati con precisione, dedizione e passione. Tutto suona coerente: c’è poco di forzato. La band si diverte, il trio è in buonissima forma ed è questa sincerità e applicazione che danno credibilità al disco, che lo rendono godibile e vero. Proprio nel momento in cui, in “Redemptionless”, la speranza in qualcosa di migliore sembra svanire, la voce e la melodia cristalline ci suggeriscono che, anche se in questo momento la redenzione non è affatto in vista, la band continuerà a cercarla, con forza e coraggio, e noi insieme a loro. (Samuele Conficoni)