MARSICODITRAPANI  "The greatest nots"
   (2020 )

Maurizio Marsico si era fatto conoscere negli anni ’80 nella scena new wave underground, e le sue sperimentazioni già si presentavano surreali, con un gusto per l’elemento “sbagliato”, dissociato, presente nelle sue creazioni. Stefano Di Trapani invece, noto come Demented Burrocacao, è un giornalista musicale, musicista e “terrorista culturale”, protagonista della Borgata Boredom, una serie di eventi informali dove si discute di musica in modo non convenzionale. L’unione di questi due fenomeni è un… incontro fra titani. Dunque, la combo MarsicoDiTrapani pubblica “The greatest nots”, un disco di sperimentazione estrema, carico di sonorità malate. “Arrota”, brano iniziale e finale (col titolo “Arrota altrove”), apre e chiude l’album con una frase chiave: “Sta andando tutto a rotoli e io mi arrotolo”. Tutto il concetto è ambientato in una osservazione confusa della realtà, mescolata a folli calembour: “Arrota belota idiota, arrota Italia stufata patata malata (…) vasca, vasca, Vasco Rossiiii”. “Cinese in Ferrari” è una visione senza spiegazione, sopra un battito costante, chitarra pulita ma dissonante e piano elettrico jazzistico: “Cinese in Ferrari a Piazza della Scala, avvinghiato al volante”. E’ tutto straniante, a partire dalla voce, come in “Fa molto caldo”. Qui vengono pronunciate frasi sconnesse fra loro, in tono completamente apatico: “Piego i semi come il ferro dei piedi (…) sembra che tutto sia parente della quadra, ora si ragiona con la squadra. Mia madre mi ha cucinato la pasta, quella col pan grattato e i gambi del prezzemolo che non fanno più da nessuna parte, non posso farci niente”. La forte connotazione noise e la voce usata così, ricorda la cara “Pasta al burro” del primo Bugo. “Il maestro siamo noi” invece è squisitamente novecentesco, con questo pianoforte febbrile e dissonante, atonale all’inizio, con sopra un suono di flauto pesantemente elaborato, che sembra più il fischio di un treno intonato. “Una risata mi seppellirà” (ma nel profilo Bandcamp risulta intitolato “Una risata mi ci vi seppellirà”), sono due minuti di risate a crepapelle, accanto a un allucinante canto in “trallallà”. Il tutto viene poi distorto e reso elastico come una molla, il che dà all’elemento ridanciano un aspetto da Joker. “Savonex” è un frenetico jingle pubblicitario: “Divorano divorano divorano lo sporco, le bollicine del Savonex!”, sopra una chitarra punk incessante. “Prati al contrario (My Mobile loves)” sa di lounge, con suoni tranquilli e vociare di ristorante. Ma altri suoni sono in reverse, ed anche la voce, che compare solo per dire: “Il jazz adora il mio cellulare, il mio cellulare adora il jazz”. Ristorante, eh... chissà quando potremo tornare a sentire il vociare di tante persone nello stesso posto. Quest’album infatti, fatto di suoni folli e parole disperse, incarna bene lo zeitgeist. E forse è anche l’occasione perché più persone posino le orecchie sulle musiche del sottobosco italiano, anziché solo sugli artisti mainstream da concerti con migliaia di persone, che tanto adesso non si possono fare. Ci sono tante perle da scoprire come questa. (Gilberto Ongaro)