DASP  "L'indipendente italiano"
   (2020 )

Già l’idea di un concept-album non è progettualità cosi frequente, e lo è ancor meno se questa è incentrata in chiave autobiografica. E’ ciò che si percepisce da “L’Indipendente italiano”, opera prima per il calabrese Dasp (Domenico Palopoli): un vissuto diviso tra la band Bangie’s Bob e sonorizzazioni cinefile e televisive, insieme al compagno di viaggio Davide Ioele. Ora, quest’album lancia il percorso artistico di Dasp, con sei inediti (più due brevi strumentali). Dopo l’estraniante “Intro” si gioca sùbito la titletrack, con frizzi di synth che sottolineano un tragitto narrativo pulsante miscelato con gusto. Le schitarrate grunge, in premessa di “Solo te”, sono segnale d’indubbia volontà del Nostro di voler dare alle sue creature una precisa identità: 3 minuti di sonorità vorticose e fantasiose. Ora, “L’incontro” si svolge tra dittatura rock e strategie indie, che ammiccano ad un elucubrante shoegaze. Con una ballata in stile Verdena, “1960” anela l’ideale di fuga da una realtà frenetica, convulsiva, fuorviante, per inseguire quell’agognata culla di conforto, garanzia di benessere e sana riflessione. Sicuramente, la traccia più intrisa di ricordi è “Epoca lontana” e Domenico, col suo stilismo canoro, sa infliggere il timbro giusto per ben raffigurare intense sferzate di amarcord. Dalla giostra del Nostro si scende con la pigrizia industrial di “Vortice”: singolo dalla somaticità dark, deputata a puntare il dito sull’idealità smarrita, sulla cultura denigrata, sull’apatia strisciante per poter riaccendere, quindi, l’anima della passione che faccia riscoprire il gusto di comunità. Ricordi, timori, tormenti, ideali, poesia, sono tra gli ingredienti principali che han consentito di impastare la ricetta di “L’Indipendente italiano”, per poi cuocerla in uno squisito soufflé cantautorale che non serve porzioni scritturali stantie, ma dona freschezza contemplativa, per non affievolire mai quell’elemento vitale chiamato sogno. (Max Casali)