NEBBIOSO  "Nebbiosa"
   (2020 )

Come un Kubrick del cinema o come un Asimov letterario, anche il friulano Nebbioso (Davide Sciacchitano) è visionario ma del pentagramma, almeno per questo “Nebbiosa”, che lo vede esordire con un concept-album dal plot dispotico, filo Blade Runner, surreal-avvenieristico di una ciber-punk city colma di insidie sottobanco. Da ex giornalista, la sua ispirata scrittura non avrebbe la quadratura giusta se non fosse coadiuvata, per l’occasione, da un nugolo di musicisti, le cui militanze spaziano dal dub al jazz, dall’elettronica al cantautorato, tra i quali si segnalano Mirko Cisilino (apporti nel mondo jazz e Calibro 35), Cristian Deison (nume europeo per l’elettronica), Simone Serafini (stimato bassista) e tanti altri. Davide non va certo per il sottile proponendo subito “New world ouverture”, che si muove tra intro terrificante e strali di spoken-word. Suoni scarnificati fanno da premessa a “Adolescenti obsolescenti”, finché non entra in campo la singer Michela Grena la quale fa sterzare tutto il mood in tappeto futuristico, come in parte lo è la seguente “Le tue mani addosso”, ma i giri di basso del Nostro sono più oscuri ed incipienti. Vibrati di corde tetre capeggiano, oltremodo, in “Algoritmo della paura” con andazzo frenetico ed asettico, nel quale uno speaker detta l’ideale posologia medicinale che la popolazione dovrà assumere per sottostare al controllo di popolo. Invece, “Tr3seiZerO”, è sinonimo di morte, che il Sindaco-padre della protagonista Nebbiosa sta consegnando con perfida trama ai cittadini, già assopiti per loro conto, per poi perfezionare il processo d’addormentamento totale in “Sonno profondo”, di scena in traccia 8, nella quale l’asciuttezza assemblativa è spalancata con angosciante finestra sul mondo. Ancora alto speakeraggio nella vetrina di “Padre nostro”, ma è una voce della quale non ci si può fidare, tanta è l’antitesi emotiva che innesta nelle orecchie: timbro rassicurante ma dietrologia ipocrita, ed il tutto condito da scosse distopiche inferte dall’estro di Nebbioso. Nebulosa e dolente, “Para bellum” attanaglia con l’angoscia in gola senza chance di sopravvivenza, in un ruscello torbido di new-free-jazz elettronico. “Glory hole” è il disincanto finale, l’urlo disperato di chi si è illuso di aver compreso l’antifona segreta, la trama mascherata ad arte per attuare la scadenza delle anime supine, rassegnate da immemore tempo. In forza della sua giovane età, sarà riuscita la sedicenne Nebbiosa a non farsi bere il cervello dal potere paterno? La risposta può essere deducibile solo con un ascolto veglio e vigilato dell’album, benché le maglie del “deep state” siano talmente fitte da non far intravedere un granché di luce. Ma ciò che conta è che quando un’espressione artistica lascia la porta aperta all’interpretazione soggettiva, va letta come un’opera interessante e, di conseguenza, per Davide Sciacchitano il futuro sarà tutt’altro che… Nebbioso. (Max Casali)