LEDA  "Memorie dal futuro"
   (2020 )

Indubbiamente la voce di Serena Abrami è la protagonista di questo "Memorie dal Futuro" dei marchigiani Leda. Mixata molto dentro, talvolta quasi nascosta alla My Bloody Valentine, spesso in netto contrasto con i riff muscolari di Enrico Vitali, a volte invece sostenuta dagli suoi eleganti arpeggi, esce, comunque, sempre come il centro vitale del lavoro della band.

Poi a valorizzare ulteriormente le doti vocali di Serena ci sono i testi, molto intensi, mai troppo diretti, a volte anche di non facile lettura, nati dalla collaborazione tra la stessa cantante Serena Abrami e il poeta fermano Francesco Ferracuti. Già dai titoli (“Assedio”, “Tu esisti”, “Distanze”, “Deriva”) si intuisce che al centro delle canzoni ci sono temi importanti come l’incomunicabilità, la nostalgia, la fatica di mettersi in gioco e la voglia di cambiare; tutto visto da una prospettiva molto intima e ravvicinata.

La fragile voce di Serena Abrami (ricorda vagamente quella di Mara Redeghieri degli Üstmamò) lavora per sottrazione nell’approccio interpretativo e, senza eccedere in virtuosismi fuori luogo, trova sempre il mood azzeccato. Come dicevamo, le pennellate chitarriste di Enrico Vitali disegnano i paesaggi dove plana la voce di Serena ed il lavoro eseguito è di grande sensibilità. Negli arrangiamenti di Enrico, ma possiamo dire in tutto il suono del gruppo, si sente l’influenza del indie rock anni '90 italico (C.S.I. e Marlene Kuntz su tutti) ma anche qualcosa di quello americano dello stesso periodo, come le fughe alla Pavement (nella coda del trip “Nembutal”) o qualche groove un po' Pixies, e qua e là atmosfere alla Sonic Youth.

La devozione per quella stagione del rock raggiunge il culmine nell’ultimo brano, “Il sentiero”, dove nel mezzo di un ispirato mantra tra C.S.I. e Dead Can Dance si materializza la voce di Marino Severini, storico leader dei Gang. Comunque ogni brano ha una sua intensità da narrare; dall’amore trattenuto di “Ho continuato” (guardare il mondo e non toccarlo è una mutilazione/perdersi nella filosofia per non fare la storia), all’incoerente incomunicabilità da social di “Nuovi simboli” (ai lati opposti della tastiera ci adoriamo/ma quando ti incontro io non ti so più salutare), all’urgenza di mutazioni di “Deriva” (Morire è nascere di nuovo ad ogni cambiamento, gettare via la vecchia pelle e il vecchio tempo), al tema dell’eutanasia in “Nembutal” (il sonnifero usato per le morti assistite) fino al passato che continua a vivere nel presente del sopracitato “Il sentiero”.

Un discorso a parte meriterebbero i videoclip girati per quattro brani presenti in “Memoria dal futuro”: i giochi d’ombra digitali per “Ho continuato” e “Pulviscolo”, l’animazione per “Deriva”, e i geniali neonati al caleidoscopio per “Nembutal”, che dimostrano la volontà della band di voler sviluppare un progetto con un raggio d’azione più ampio della musica fine a sé stessa. Un’attitudine artistica presente in tutto "Memorie dal Futuro", un album che, magari, ha bisogno di un ascolto più attento di altri, ma che alla fine offre emozioni inattese. E per chi ha memoria del passato, è proprio come una volta, quando si ascoltavano e scoprivano i buoni dischi. (Lorenzo Montefreddo)