ALESSANDRA CHIARELLO  "I was waiting for you"
   (2020 )

E si scopre cosi che anche Cosenza vanta, tra i suoi abitanti, artisti che inglobano potenziali talenti, pronti a ben rappresentare il Belpaese canoro al di là dei nostri confini. Almeno, queste sono le sensazioni che si riscontrano in “I was waiting for you”, nuovo penta-e.p. di Alessandra Chiarello la quale, con brani firmati in coppia con Mattia Tenuta e l’apporto di fior di musicisti come Mario D’Ambrogio, Massimo Russo e William Preite, dà vita ad un’opera fine ed elegante in salsa black, dal sapore soul e R&B, a cominciare dal tessuto delicato di “In spite of you” che, con aspetti chic, arricchisce il piacere dell’humus uditivo trapelando risvolti pregiati ed emozionali. Avanti con il singolo “My gun is my voice”: ossia, la voce come una pistola che tratteggia balistica di pura essenza black che non sfigura con la sua pelle, fieramente “white”. A volte, mi scuoto per assicurarmi che quello che sento sia davvero di razza tricolore e, quando lo realizzo, l’orgoglio è pari a quello che proverete non appena vi imbatterete nell’ascolto. Invece, “I was waiting for you” è l’attesa dell’amore in forma globale, effigiata in un racconto r&b d’alta classe, punteggiato da un bordo di drums, come fosse un cavallo al lento trotto. Certo, tra le tracks non avrebbe stonato un po’ di “mossa”, tanto per capire quanto possa rendere la griffe canora di Ale in àmbiti more groove, visto che la tecnica è vistosa e già appurata. D’accordo, in parte ci accontenta con la briosa “Eveywhere you are”, che non è proprio da ignorare, ma la spinta “cool” è tutt’altra cosa. Non parlerei di occasione persa ma (forse) di mera distrazione nella formulazione degli arrangiamenti che restano, tuttavia, di forbita eleganza con vista States. Infine, mi chiedo: se “The body” fosse stata cantata da Aretha Franklin, che clamore avrebbe suscitato? Sterminato. Ed invece, alla Nostra? Al momento, solo stima e gradimento, perché prima che l’Italia della critica musicale esalti una gran bella voce come quella della Chiarello ce ne passa di acqua sotto i ponti, complice una becera e conclamata esterofilia e l’innata ritrosia verso le voci bianche, a meno che non ti chiami Mina o Pausini. Domanda finale: possibile che non ci sia ancora la volontà di ampliare e promuovere l’elite delle nostre stilose female-voices dal potenziale taglio internazionale? Puntare su Alessandra, please! E poi ne riparliamo. (Max Casali)