UGO FAGIOLI  "Respira"
   (2020 )

Gran bel lavoro questo “Respira”, esordio con la reggiana Muki Edizioni di Ugo Fagioli, cantautore cesenate già nella band indie The Tocsins e dal 2018 dedicatosi alla carriera solista.

Progetto ambizioso: complesso, elaborato, sfaccettato, multidisciplinare.

Già, perchè non di sola musica si tratta.

Racconta il tema più vecchio del mondo: nascita, fine e post-fine di una storia d’amore, con tutte le complicazioni, le incertezze, i pentimenti, i rimorsi, le debolezze del caso. Una storia fra le tante, uguale a tante, ma reale: è capitata a lui e fornisce una cornice perfetta, si tratti di impulso liberatorio o di masochistico rimuginìo.

Il disco è – come si diceva una volta – un concept.

Al risveglio dalla favola bella, Ugo annota tutto, forse per rivivere, forse per non dimenticare, forse per riesaminare.

In collaborazione con Alice Mazzoni scrive poi il plot, lo spezza in nove capitoli, tante sono le canzoni che lo compongono. Ciascun brano affronta un momento della storia, in rigoroso ordine cronologico. Per ogni capitolo, Ugo gira un video, realizzando di fatto una webserie per Tucano Island, in collaborazione con Emilia Romagna Film Commission.

Ogni video viene pubblicato su Youtube a cadenza settimanale, a partire dal 2 ottobre fino alla pubblicazione dell’album, avvenuta il 4 dicembre. Per ogni video, un diverso colore come sfondo, a rafforzare il sentimento che ispira i singoli episodi, dal rosso passionale dell’apertura di “Rivoluzionari, ma con calma” all’ocra della conclusiva “La fine di tutto”, attraverso la lente blue di “Pensare al futuro”, a quella verde di “Speranza” (la quale – attenzione! – è un trompe-l-oeil), al grigio di “Se la felicità”.

Meccanismo affascinante, coinvolgente.

Ora: se e quanto questo album sia inscindibile dalla sua componente cinematografica, legata a filo doppio con la colonna sonora che la sottolinea, la racconta e ne amplifica la narrazione, è questione delicata. Ma a riprova della serietà del progetto artistico, ciò che in “Respira” davvero sorprende è la musica. Volendo rinunciare alle immagini senza lasciarsi - piacevolmente - irretire dal disegno nella sua interezza, quello che rimane una volta chiusi gli occhi sono nove canzoni ricche di sfumature, contenuti, idee. Egregiamente prodotte, curate nelle sonorità (delizioso il basso di Nicole Davòli) e nell’intento stilistico che le unisce. Ossia una scrittura raffinata, elegante, riflessiva. Profondamente confidenziale nei versi, intima nella dimensione che cerca con caparbietà di creare, ma anche sottilmente infida, strisciante, sinuosa.

Un quadro nel quale le parole non sono lasciate libere di vagare, anzi: entrano come incastri in un mosaico che assembla accenni di country sui generis (“Solitario”, “Il tempo”), pennellate di morbida psichedelia (“Resta solo delusione”, con insistito crescendo che ne esalta la densa amarezza), ritornelli efficaci sviluppati muovendo da percorsi non lineari (“Dimenticare), inattese asperità sorte dal nulla (la coda rumoristica di “Speranza”).

Battisti, i primi Tiromancino, qualche eco di Samuele Bersani e molto altro sono solo alcuni dei possibili riferimenti per tentare di descrivere un album talmente stratificato e variegato da risultare inafferrabile pur nel suo apparente ordine. Sarà una suggestione simbolica, ma mentre si spengono le ultime note di “La fine di tutto”, la tentazione di ricominciare è forte. Come per i protagonisti del cortometraggio, che tornano – comunque sia andata – a respirare. Tutto daccapo: succede in amore, succede nella vita, cose così. (Manuel Maverna)