WIM MERTENS  "The gaze of the west"
   (2020 )

In The Gaze of the West, il grande compositore belga Wim Mertens dipinge un affresco affascinante e variopinto, dove le incertezze di questo presente folle e pericoloso entrano completamente nella sua musica. Con un’opera interamente dedicata all’attuale pandemia, il sempre rilevante e aggrappato al presente Mertens ci propone una via di salvezza, un momento di riflessione, un aiuto significativo che non ci allontani dalla triste realtà ma che ci dia, al tempo stesso, la forza per viverla con saggezza.

Un salto nel buio, una paura immensa, una tragedia e una lotta. Tutte queste sensazioni hanno affollato – e affollano – le menti di tutti in questi mesi difficili. Il grande compositore belga Wim Mertens, sempre al passo coi tempi e attaccato a quello che accade intorno a lui, ha deciso di affidare a un’opera musicale ambiziosa, ardua e affascinante, il suo punto di vista – filosofico, sociale, artistico – in merito a questa crisi sanitaria che tutto il mondo sta attraversando da mesi. “Destini dell’Europa, dell’Occidente e del resto”, così recita la nota stampa del disco, che in qualche modo resteranno segnati per sempre da questa vicenda, che ci costringerà a ripensare un intero sistema, a criticare un’intera impalcatura fallimentare che molta arte prova a descrivere schiettamente da anni. E Mertens non lascia nulla al caso, costruendo un discorso coerente, ampio e potente dall’inizio alla fine.

The Gaze of the West – “occhiata dell’Occidente”: occhiata che diamo noi, morenti, all’Occidente morente, o l’Occidente morente, noi compresi, dà un’ultima, rapida occhiata a quello che è stato? – è formata da dieci brani difficili e ambiziosi, un concentrato di riflessioni filosofiche e momenti musicali altissimi. Il sommesso incipit, quasi una marcia funebre di tamburi e singhiozzi in un ritmo inceppato, di “In Lieu Of” addolora. Presto cede il passo all’elegia che è “Helm”, articolata e sommessa, con una caratterizzazione sinfonica che pare rappresentare il risorgere (finto) di un Occidente in miseria.

Ed è con questa geniale commistione di momenti drammatici e di momenti speranzosi, di pianto ma anche, a tratti, di graffiante ironia che Mertens ci offre il suo discorso in merito a questa crisi mondiale. L’eroica “Victims over Victors”, tra piano, archi e fiati, si schianta contro la speranzosa e rilassata “Sketch of Proof”. La brillantezza rinfrescante di “Scattering Time” risponde alla melanconica “Predire n’est pas expliquer”, dove gli archi e i fiati accompagnano splendidamente il pianoforte in una processione quasi paradisiaca.

Non mancano, poi, i sussulti di orgoglio e risveglio come la scoppiettante “Force de laisse”, incalzante e cupa, seguita immediatamente dopo dalla abbacinante e sorniona “European Grasses”, nella quale il mondo occidentale sembra volersi riprendere il suo scranno di punta nel panorama culturale e sociale mondiale. La chiusura spetta alla trionfale “Charged Impurities”, triste e sbilenca, un “ne usciremo più forti ma con le ossa rotte” e, così sembra suggerirci Mertens, non per forza migliori. (Samuele Conficoni)