LUCIDVOX  "We are"
   (2020 )

I Lucidvox sono un collettivo femminile, formatosi a Mosca. Il loro genere è un’insieme di sonorità martellanti, con riff spietati e oscuri. Nei loro brani troviamo un tiro geniale e accattivante, dalle forti influenze White Hills, band inglese dai viaggi cosmici. Ma si cullano anche su tutta la scena underground psichedelica. Dopo svariati tour europei, il progetto si rinchiude in studio, per mettere su una nuova creatura dal titolo “We Are” prodotto per la Glitterbeat Records. Il sound al suo interno è carico d’emozione dalle forti personalità, con uno studio maturo e di grande fattura. I testi sono scritti e cantati in russo, la loro lingua madre. Cercando di lasciare quel gusto particolare e grottesco al lavoro.

Con il brano d’apertura “My Little Star” il coro angelico che si innalza nell’aria mette i brividi lungo la schiena e ci trascina all’interno di una cattedrale ortodossa, per un tiro surreale dal forte impatto sonoro. A seguire “Knife”, con il riff violento e macchinoso, che si scaglia come un proiettile impazzito dentro una bolla di vetro, la voce si spinge dentro un vortice malato e distorto. Infine i continui cambi di tempo fanno il loro sporco lavoro con una precisione unica. “Amok” apre un percorso sensibile, dal sound quasi indiano. Una cantilena monotona e ripetitiva, che si avvolge per tutta la struttura della take, nel finale le chitarre esplodono come una bomba assordante. “You Are” rallenta la sua corsa, il basso ipnotico si incastra al synth stupendo e alla batteria fuori tempo. Le chitarre di Greg Ginn, disegnano arcobaleni sognanti, chiudendo la traccia con una voce incantevole. Senza dubbio uno dei brani migliori di tutto il lavoro.

In “Body” torna prepotente il tiro noise, quasi punk rock. La composizione è diretta, con un cambio centrale ruvido dalle forti sonorità stoner, qui troviamo tutta la sperimentazione che scandisce un passato antico e dormiente. Su “Sever” si fa un salto importante nelle tematiche krautrock, avvolti nell’oscurità alla ricerca di una luce lontana, che si presenta opaca e senza vita. Nella traccia “Runaway” ci sono delle novità preziose, come l’aggiunta di un pianoforte dissonante e una tromba melodica, un’ennesimo esperimento riuscito per questa band davvero incredibile. Prima di arrivare alla chiusura, ci soffermiamo su “Around”, un’opera geniale, che ci porta all’orecchio la sperimentazione anni '70 stile Black Sabbath, infatti viene inserito un effetto fuzz acido per la chitarra, che spiazza l’ascoltatore in maniera netta. In chiusura “Sirin” con la sua cavalcata ritmata, una sorta di filastrocca da ricordare a lungo. Una grande conclusione con il botto.

Un ottimo prodotto, preciso e orecchiabile. Al suo ascolto veniamo catapultati in un mondo fantastico e leggero. Le quattro ragazze continuano a sfornare materiale di grande qualità e d’altri tempi, che porta alla scoperta di nuove sonorità senza precedenti. (Simone Catena)