LEO BONI  "The ring"
   (2021 )

Il chitarrista fiorentino Leo Boni ha avuto l’intuito di rincorrere una preparazione che potesse tradurre in musica il “black sound” che aveva nell’anima. Gli va inoltre riconosciuto il coraggio di essersi ritirato un paio d’anni nel luogo dove tutto ebbe inizio, dove cioè uomini ritenuti inferiori furono resi schiavi per realizzare quello che con il tempo diverrà il sogno americano. Una sorte che è da sempre raccontata dal blues e dai vari artisti che l’han portato in giro per il mondo.

Ora, se si vuole, qualche attinenza con musicisti italiani, volendo la si può trovare, magari ricordando l’immigrazione italiana, che in tempi non sospetti toccava la Lampedusa americana, ovvero Long Island. A tal proposito ed a titolo di esempio, c’è una ricerca dal titolo Ethnic Italian Records (Editoriale Documenta, 2015), che parte da fine ‘800 fino alla fine degli anni ’20.

Tornando a Leo Boni, la sua musica è intrisa di elettricità nera, di agganci con la sofferenza di gente sradicata con la forza dalle proprie origini, che trova nella musica un’invenzione per reagire, per tramandare una situazione, una segregazione che ancora oggi chiede giustizia. La voce roca e ubriaca, che ricorda il miglior Tom Waits, si contrappone al suono squillante e malinconicamente allegro della sua chitarra. Un linguaggio che probabilmente nasce dalle sue esperienze, che cominciano dalla scuola di Barklee e che continuano poi per molto tempo in Mozambico. Ma sono esperienze con il tempo diventate “alla pari”, che rivelano il loro apice ed affinità in ‘Uozzon’, un black funky crudo, metropolitano, arricchito dalla partecipazione di Eric Shenkman dei Spin Doctors.

Leo Boni fa capire anche che per lui la sei corde ormai non ha segreti, dimostrando non solo abilità e disinvoltura nel passare dall’elettrica all’acustica, ma anche nel creare suoni che sanno sedurre chi li ascolta. “The Ring” può essere benissimo definito un disco cosmopolita, non solo in virtù della storia personale del suo autore, ma anche per quello che sa offrire nel suo piccolo. Piccolo come il mondo che Leo tiene in mano in copertina, “il suo mondo”. (Mauro Furlan)