MONTMASSON  "Un'eredità"
   (2021 )

Chi tenta di ritagliarsi un discorso a parte, deve passare inevitabilmente attraverso l’impervio sentiero della ricerca, tracciato da notevole impegno e probabilità che qualche spina in itinere possa, in qualche modo, pungere maggiormente l’ispirazione.

E’ quello che ha provato Montmasson (Daniele Nava) il quale, dopo l’esperienza con i Mircanto, plasma l’orma solista col primo album “Un’eredità”, raffigurandola con radure di post-rock, folk, psych e cantautorato.

Dalle prime battute s’avverte quanto si sia calato in un ruolo autobiografico, forse anche troppo, ma ciò non è assolutamente indice di ego-snobismo: però dovrà anche mettere in conto che la popolarità da grandi numeri difficilmente potrà ottenerla poiché, in molte tratte, le liriche assumono aspetti criptici e poco empatici. Ma, forse, l’intenzionalità di Daniele è ambire ad una nicchia amabile di pubblico pensante e cosciente di ciò che ascolta. Lo si può condannare? Evidentemente no! E non ha senso fare spallucce della serie: ”contento lui, contenti tutti…” perché nei 9 brani dell’opera spicca mirabile onestà scritturale, e gli va dato atto che, inconsapevolmente, ha contemplato un atto coraggioso che esula da malizie e ammiccamenti che, di questi tempi, è come essere ronzati da una mosca bianca...

Atmosfere di primo piano ed effluvi di sogni penetranti permeano il viaggio non solo della titletrack, ma anche di “La memoria dell’acqua” o di “Battiti”, mentre “Spazio al tempo” alza i giri aumentando la strumentazione, graffiata da chitarre impazienti e nervosette. In area prettamente indie-cantautorale, il Nostro scala “Vette” alte ed atipiche, con fiordi alternati di quiete e frenetic-guitar, mentre nell’intima “15 giorni di ferie” innesta un bel calore vocale.

Rende poi omaggio ad uno dei suoi principali ispiratori, rileggendo “L’umana nostalgia” di Claudio Rocchi, avvalendosi di suoni acustici e poco altro, perché altro in effetti non serve: bella e completa cosi. Infine, cupa, ossessiva ma formidabile, con “Marzo ‘20” ci porta nei ricordi del lockdown, per incitarci a ritrovare quell’abbraccio corale e senza timori che aneliamo da diciotto mesi: e qui ci scappa il brivido. Non aggiungo altro… cercatelo! (Max Casali)