PORCELLUZZI / SCHAFFER  "The secret circle"
   (2021 )

Benvenuti, questa è un’esperienza. La poetessa italiana Antonella Porcelluzzi e il musicista-pittore tedesco Michael Schaffer si incontrano, per creare un ambient elettronico che si propone come fonte di liberazione per gli ascoltatori. Schaffer scrive anche saggi esoterici e filosofici, e si vede anche da alcune scelte del risultato finale: l’album si chiama “The secret circle” ed è composto da sette tracce, e di sicuro la scelta del sette non è casuale.

Uscito per Opa Loka Records, “The secret circle” si apre con “Repeat it many times”, un ambiente umido dove Porcelluzzi recita poche parole lentamente (in inglese). Mentre la poetessa si fa più loquace in “Deities”, parlando di dee, colori, cadaveri, visioni terrificanti e simbolismi forti, in questo quarto d’ora dai suoni minacciosi. Verso il decimo minuto, Antonella si sofferma su un dettaglio, ripetuto come un mantra: “Celestial eyes”, e poi sussurra più volte “repeat this”, mentre l’ambientazione sonora inizia a includere campanellini rituali.

Visto quanto sentito finora, leggere il terzo titolo preoccupa: “The womb” (l’utero). Infatti, il pezzo parte con dei suoni gravi, statici e lenti dal timbro glaciale, dentro i quali Antonella scivola con la voce, arrivando a descrivere la “phantasmagoria”. Se non sei già abbastanza inquieto, la quarta traccia chiama la paura col suo nome: “Fear”. Suoni acidi martellanti e tintinnanti percussioni ti avvolgono, nel momentaneo silenzio della poetessa. Quando il suono si fa morbido tappeto, ricompare Porcelluzzi, seguita nuovamente da quei campanellini rituali. Quando riprende, parla di “the highest intellect” e di liberazione, perché, come spiegato nel comunicato stampa, la fonte di ispirazione del duo è il Libro Tibetano dei Morti, dove si parla di reincarnazione, degli stati intermedi, e della liberazione ottenuta dall’ascolto meditato.

Superato lo scoglio della paura e del disorientamento, infatti, si passa a “Intermediary State”, fase tra la vita e la morte, dove “Karma controls not”. Ora l’ambient è sempre oscuro, ma dopo aver pronunciato queste parole, la mente è direzionata meno verso la paura, e più verso l’introspezione spirituale, in maniera focalizzata. Difatti, ora i suoni assumono una funzione meno minacciosa e più psichedelica. Che sortilegio è questo?

Il sesto titolo ci fa salire ancor più di un livello: “The experience of the bardo” (in lingua originale, “Il Libro Tibetano dei Morti” si chiama “Bardo Thӧdol Chenmo”). L’elemento percussivo qui prevale sui suoni distesi, e si tratta di battiti regolari e costanti di legni (elettronici). L’ultima parte di questo brano sono urli sinistri vibranti, sempre dal sapore rituale.

Settimo e ultimo scalino esoterico non può che avere un titolo alquanto esplicito: “Open the door”. Apri le porte della percezione. Il cerchio segreto si conclude tra echi e venti floydiani, e un finale bruciante, ardente come il fuoco della consapevolezza. Ecco, come spesso ripete Just Mick (Michele Odelli), la liberazione viene da dentro, da esercizi di mindfulness, e tante altre bellissime cose. E “The secret circle” è da ascrivere a questa ricerca interiore. (Gilberto Ongaro)