IL RIPOSTIGLIO DELLE SCOPE  "Oltre i sogni lungo il confine"
   (2021 )

Bouzouki, cajón, flauti, bassi e contrabbassi, fisarmoniche, violini e mandolini, tante chitarre (soprattutto acustiche), tre cantanti, tredici musicisti coinvolti… Il Ripostiglio delle Scope non si risparmia per sua terza uscita "Oltre i sogni lungo il confine".

La band umbra confeziona questo album ricchissimo con 14 tracce che definire folk è riduttivo. Infatti, anche se il folk è genere di riferimento de il Ripostiglio delle Scope, la band ci sorprende spaziando in molte direzioni alla ricerca di nuovi stimoli e contaminazioni.

Se dovessimo collocare meglio la proposta musicale del Ripostiglio delle Scope, la si potrebbe inserire tra la musica d’autore e il folk revival per l’uso del dialetto umbro in alcuni brani e la voglia di arricchire gli arrangiamenti con strumenti, suoni e ritmi pescati dalla musica popolare.

E anche se talvolta i testi percorrono strada già battute, lo fanno con l’intensità e con il trasporto che fu l’anima e il motore delle passate stagioni del folk rock militante anni ‘90, dove band come Modena City Ramblers o The Gang facevano da apripista a tutto un movimento.

Non è un caso, quindi, che il gruppo umbro si sia avvalso della partecipazione di Francesco Moneti, cofondatore dei sopra citati Modena City Ramblers, oltre a Gabriele Russo dei Micrologus, Hong Gie Kim e Paolo Rosichetti.

I testi della band di Stefano Giacomini abbracciano i temi cari al genere: le aspirazioni melting pot di “I Musicanti”, un incalzante appello per un esercito di musicisti appartenenti a tutte le etnie del mondo riuniti “per fare di mille suoni uno solo”, la rivolta permanente di “Gli ultimi bastardi” (con versi come “la rivoluzione è la parola dell’eterno/ noi abbiamo già staccato il biglietto per l’inferno”), le credenze popolari di “Tocca ferru”, le vicende di un inquietante uomo nero creato per spaventare grandi e piccini in “Lu capu co’ l’occhi”, l’orgoglioso inno per una donna libera in “Nana”, la metafora resistente di “La noches de los lapices”, e la resistenza implorata di “Haummaje” dove si auspica “che possano cambiari i cervelli, che non sia sempre quelli, non serve sia belli ma servano per pensà”.

Tante le soluzioni stilistiche che confluiscono a sostenere le storie di "Oltre i sogni lungo il confine”: oltre alle ballads accorate di “Tra casa mia e la luna” e “La Via per Damasco”, c’è anche il country arrembante di “E’ una musica”, trascinato dalla ottima voce di Raffaella Panebianco, non manca il blues con ”Più Bella” e nemmeno i ritmi esotici tambureggiante di ”La Rosa sulla neve”, o le contaminazioni salentine con “La taranta de lu brigante”.

Una varietà interessante per una band che ha ottime capacità compositive ed esecutive e che cerca di trovare un compromesso tra la musica popolare e quella ritenuta colta: la ricerca di un tratto proprio, netto, distintivo, dovrebbe essere, a mio parere, il prossimo obiettivo.

Comunque un prodotto di alto livello, un album stimolante e anche fin troppo ricco. Tantissima roba… e tutta chiusa, ben stipata dentro il ripostiglio delle scope. (Lorenzo Montefreddo)