ONCEWERESIXTY  "The flood"
   (2021 )

Questo è un album meravigliosamente strampalato. Un viaggio nell’ignoto, grazie ad una psichedelia che definirei “moderna”, per l’attitudine all’esplorazione temeraria e per essere stato un tentativo di un “total self made” pienamente riuscito.

Sono propenso a pensare che, se è vero che non tutto il male vien per nuocere, il periodo pandemico abbia permesso a molti di aguzzare la creatività, dando origine ad opere veramente degne di nota. E non sto parlando di tecnica, ma semplicemente di idee, di comunicazione al limite della disperazione, viste le restrizioni che tutti conosciamo e le negazioni provate da artisti e lavoratori dello spettacolo e della cultura in generale.

C’è elettronica? Sì, ma è usata in maniera straordinariamente efficace e distorta, perno di una manciata di brani ossessivi, penetranti e assordanti. Psichedelia atomica disturbante... Luci notturne... Strade deserte... Pulmini Wolkswagen... Immagini che a flash appaiono nella mia mente, come conviene ad ogni buon trip barrettiano che va “oltre”.

È quindi una strana psichedelia, la loro, glaciale ed inquieta. Non mi è difficile immaginare che anche queste musiche siano frutto a metà strada tra idee surreali, passioni e lockdown, dando la sensazione comunque di un progetto dalle prospettive lungimiranti e positive.

E che altro potevano fare dall’alto delle loro esperienze indie, Marco Lorenzoni, Luca Sella e, dal 2020, anche Enrico Grando, dopo aver narrato il deserto culturale del nord est, in un periodo di costrizioni se non immaginare una colonna sonora per una realtà ancora più inquietante?

In questo disco saltano tutte le individualità, le competenze ed il background, lasciando il posto ad un po’ di bambinesca casualità, di altrettanta spontaneità, cercando di portare l’immaginario lontano, anche oltre confine.

‘The Flood’, da questo punto di vista è indubbiamente un gran pezzo! Spazio quindi al synth, alle voci filtrate ed a suoni obliqui per un concerto apocalittico color ghiaccio. Tutto ciò non per rivendicare chissà quale lotta per un mondo migliore, anche perchè in un territorio così deprimente, chi capirebbe il contenuto di liriche così disperate e perdipiù cantate in inglese?

Avvertirei semmai una sorta di autoterapia, un tentativo per raccogliere motivi-azioni per sopravvivere. Onestamente non è poco! Mondi paralleli? Probabilmente quelli di Low, Pavement e Mojave3. (Mauro Furlan)